Il futuro dell’uomo dipende dalla capacità di proteggere e tutelare la natura. Lo possiamo fare in diversi modi, in primis implementando le aree protette, restaurando le aree degradate, integrando la conservazione e il valore della natura nei settori produttivi, ripristinando le aree degradate, riducendo le minacce ed i rischi naturali, e, non per ultimo contrastando  gli effetti dei cambiamenti climatici.

Le sfide ambientali sono in costante aumento e il campanello d’allarme è già suonato. Le cause principali di scomparsa e del degrado delle zone umide sono riconducibili ai cambiamenti di uso del suolo, in particolare alla conversione all’agricoltura e al pascolo, dai veleni dei concimi chimici, dalle calamità naturali, dalla dilatazione esponenziale delle città e dalla necessità di nuove  infrastrutture, con l’aggravante di rilasciare nelle zone umide un eccesso di nutrienti e di prelevare acqua o di deviarne corsi per erigere dighe, creare laghetti artificiali e canali.

L’argomento è stato affrontato nel corso della Tavola Rotonda “Conservazione, gestione e restauro dei servizi ecosistemici delle acque di transizione: il coinvolgimento dei portatori di interesse nelle attività di ricerca” andata in scena nella Sala Ennagonale del Castello di Gallipoli il 23 ottobre 2021 in occasione della XXX Rassegna del Mare organizzata dall’associazione ecologica scientifica Mareamico. Relatori: Gian Carlo Carrada – Università di Napoli Federico II/EUROMEDLAG; Angel Pérez-Ruzafa – University of Murcia; Mike Elliott – University of Hull; Heliana Teixeira – University of Aveiro; Alessio Satta – Med Wet; Alessandro Ciccolella – Consorzio Gestione Torre Guaceto; Maurizio Manna – Area protetta di Punta Pizzo; Adriana Lotito – Regione Puglia; Giulia Motta Zanin – Politecnico di Bari. Ha Moderato Alberto Basset – Università del Salento. Ha concluso Anna Grazia Maraschio – Assessore Regione Puglia.

Il declino della biodiversità è uno dei problemi ambientali più drammatici con cui dobbiamo fare i conti eppure l’estensione e le ripercussioni di questo declino non ricevono la giusta considerazione né da parte dei cittadini nè della politica. Le attività antropiche hanno un impatto negativo sulla natura e la percentuale registrata ne svela ormai un triste primato. Di conseguenza la perdita di biodiversità minaccia la capacità degli ecosistemi di fornire i servizi necessari alla sopravvivenza dell’uomo.

La perdita di habitat, la diffusione delle microplastiche, l’inquinamento diffuso, l’eccessivo sfruttamento delle risorse, i crescenti effetti delle specie aliene invasive, l’impatto antropico e i cambiamenti climatici sono le cause principali della perdita di specie. In virtù di studi specifici non si può nemmeno escludere che alcune specie aliene (come, ad esempio, il granchio blu invasivo) da minaccia possano trasformarsi in opportunità. A conti fatti, urge mettere in atto un approccio integrato per limitare le conseguenze della perdita di biodiversità. Per questo motivo è stata invocata una federazione internazionale dei network di ricerca delle acque di transizione proposta dal prof.re Alberto Basset dell’Università del Salento.

L’argomento è stato discusso nel corso della Tavola Rotonda  di LIFEWATCH ERIC “Specie Aliene: da minaccia ad opportunità, il caso di studi di LIFEWATCH ERIC sul granchio blu invasivo (Callinectes sapidus)”. Relatori: Christos Arvanitidis – LIFEWATCH ERIC; Juan Miguel González-Aranda – LIFEWATCH ERIC; Stamatis Ghinis – Regione delle Isole Ionie; Markos Avlonitis – Ionian University; Adriana Lotito Regione Puglia – Dipartimento Ambiente; Giorgio Mancinelli Università del Salento; Lucrezia Cilenti CNR Irbim; Agnese Marchini – Università di Pavia; Branko Glamuzina – University of Dubrovnik; Silvia Falco Giaccaglia – Polytechnic University of Valencia; Miguel Clavero Pineda – Doñana Biological Station; Salvatrice Vizzini Università di Palermo/CoNISMa. Ha moderato e chiuso la sessione: Alberto Basset – Università del Salento.

Le acque interne e di transizione presentano una grande varietà di ecosistemi interconnessi e di ambienti di transizione a mare. Quello che più preoccupa, tuttavia, è la loro fragilità.  Non bisogna dimenticare l’importanza di questi ecosistemi, con habitat particolari (lagune costiere, steppe salate mediterranee e dune costiere), in grado di accogliere e ospitare gli uccelli acquatici. L’importanza delle zone umide è stata ribadita dalla Convenzione internazionale di Ramsar11 (Iran, 2 febbraio 1971).

Anche le zone umide sono ecosistemi importanti su cui purtroppo grava la pressione antropica e del riscaldamento globale. Oltre alle zone umide istituite dalla Convenzione, un faro deve essere acceso sugli ecosistemi acquatici in quanto la loro compenetrazione costituisce e tiene in vita quella rete ecologica indispensabile al mantenimento dei corretti equilibri ecosistemici di questi habitat ad alta concentrazione di diversità biologica.

Gli ecosistemi acquatici sono aree con elevata diversità ecologica e notevole produttività, caratterizzati da una forte fragilità ambientale, dove sono presenti specie e habitat fra quelli maggiormente minacciati a livello globale. Oltre ad essere scrigni di biodiversità, questi ambienti forniscono un’elevata quantità di servizi eco sistemici. Per questo motivo occorre garantire la tutela di questi vitali spazi naturali e dei servizi ecosistemici che garantiscono. Non si può prescindere a un loro utilizzo sostenibile attraverso il coinvolgimento di: stakeholders, comunità locali, imprese che in queste aree svolgono attività produttive importanti per le strategie di produzione energetica e di conservazione (saline e risaie) senza perdere di vista i flussi turistici.