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Silvano Focardi - Inquinamento da idrocarburi in mare.pdfDownload Share on Facebook

Il problema dell'inquinamento da idrocarburi in mare è noto da tempo alla comunità scientifica ed all'opinione pubblica. Tuttavia, recentemente anche a seguito dei tragici eventi accidentali occorsi nell'Arcipelago Toscano, la problematica connessa all'impatto di eventi accidentali in aree marine di valore ecologico è tornata ad essere oggetto di discussione per la comunità scientifica. Gli sversamenti diretti di combustibile o greggio rappresentano una criticità per il bacino del Mediterraneo a causa dell’intenso traffico navale, del potenziamento degli approdi portuali previsto dal piano economico di sviluppo nazionale e del numero crescente di incidenti occasionali anche di piccola e media entità. Tra i composti presenti nel greggio e nel combustibile, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) per le loro proprietà chimico-fisiche costituiscono una famiglia di sostanze di particolare interesse ecotossicologico e sono indicati come contaminanti ambientali prioritari nelle linee guida per il monitoraggio della qualità ambientale redatte dalla agenzia Americana per la protezione dell’ambiente (US-EPA). I livelli di IPA totali nel greggio si attestano attorno al 7-34% in peso rispetto al peso totale mentre i prodotti petroliferi raffinati contengono livelli di IPA inferiori inclusi tra lo 0,3 ed il 3,7%. Sebbene eventi come quello del Costa Concordia possano rappresentare una indubbia criticità locale, tuttavia fenomeni di contaminazione diffusa presenti in area costiera costituiscono uno stress importante e non trascurabile per l'ecosistema acquatico. Lungo le coste del Mediterraneo vivono attualmente circa 136 milioni di persone che direttamente o indirettamente riversano in acqua sostanze chimiche in grado di accumularsi nel sedimento e nel biota, tra le quali gli IPA. Questi sono composti ubiquitari presenti a livelli misurabili anche in aree marine sottoposte a tutela ma raggiungono livelli di particolare rilievo nei sistemi portuali, negli estuari, in sistemi lagunari costieri e nelle aree sottoposte ad elevato impatto antropico. Possono anche essere originati da processi naturali come nella diagenesi della sostanza organica alle basse temperature (formazione dei combustibili fossili come carbone e petrolio) ed in processi di biosintesi, tuttavia la principale fonte di immissione è attribuibile alle attività umane industriali ed urbane. Gli IPA possono raggiungere gli ecosistemi acquatici veicolati da scarichi urbani ed industriali, trasporto fluviale e deposizione del particolato atmosferico. Raggiunto l’ecosistema marino, essendo composti poco solubili in acqua, tendono ad accumularsi nel sedimento attraverso complessi fenomeni chimico-fisici di adsorbimento alla sostanza particellata organica ed inorganica sottile. I sedimenti possono, pertanto, essere considerati accumulatori di IPA e costituire una loro fonte secondaria di rilascio in colonna d’acqua attraverso processi di movimentazione e risospensione. A seguito delle loro caratteristiche molecolari, negli ecosistemi marini si osservano, in linea generale, concentrazioni di IPA maggiori nei sedimenti, intermedi nel biota e minori nell’acqua. Tuttavia, le proprietà chimico-fisiche sono composto-dipendenti e variano per ciascuna delle molecole appartenenti alla famiglia degli IPA. Queste proprietà ne determinano il destino ambientale influenzando l’efficienza dei processi di rimozione quali, ad esempio, la volatilizzazione, la foto-ossidazione, l’ossidazione chimica, ed il metabolismo microbico. Il naftalene ha una solubilità in acqua marina di circa 30 mgL-1 mentre IPA a cinque anelli mostrano una solubilità minore compresa tra 0,5-5,0 µgL-1.

Nel Mediterraneo livelli di idrocarburi totali in acqua prossimi a 16 µgL-1 sono associati a valori di IPA totali di 148 ngL-1, mentre nel sedimento i livelli di benzopirene sono compresi tra 0,1 e 5000 µgkg-1 d.w. Gli IPA hanno effetti tossicologici importanti sulle fasi adulte, giovanili, larvali ed embrionali degli organismi acquatici. Inoltre è documentata dalla letteratura scientifica, l’occorrenza di bioconcentrazione, bioaccumulo e biomagnificazione ed i relativi effetti tossicologici osservati su alghe, invertebrati e vertebrati marini. L’intensità di questi fenomeni è legata, oltre che ai livelli riscontrati, anche a fattori ambientali e dinamiche locali, al tempo di esposizione, alla specie ed al suo livello trofico, al sesso dell’individuo, ad effetti sinergici con altri composti chimici presenti. In ultima analisi, per quanto riportato in sintesi in questo documento, risulta evidente come la regolamentazione degli eventi che possono dare luogo alla dispersione in mare di questi composti debba rappresentare una priorità strategica nella gestione del bacino del Mediterraneo per tutte le Nazioni che vi si affacciano.

 Silvano Focardi

Dipartimento di Scienze Ambientali, Università degli Studi di Siena, Via P.A. Mattioli n. 4,  53100, Siena e-mail: focardi@unisi.it