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Piero Cossu - Monitoraggio genetico delle specie marine mediante marcatori molecolari

I progressi recenti sia nei metodi statistici che in quelli basati sulla genetica molecolare, hanno migliorato le possibilità di studiare l’influenza delle variabili ambientali sulla variabilità genetica a diverse scale spaziali. Questo approccio, denominato ‘Genetica del paesaggio, fornisce gli strumenti per quantificare l’influenza relativa delle variabili ambientali sui processi microevolutivi, quali il flusso genico, la deriva genetica e la selezione. Il metodo può anche essere utile per identificare barriere criptiche, che possono essere dovute sia a discontinuità nel flusso genico tra popolazioni senza cause evidenti, sia a contatto secondario fra popolazioni precedentemente isolate. I due passaggi chiave del metodo sono l’individuazione della distribuzione spaziale della variabilità genetica e la sua correlazione con le variabili ambientali, come ad esempio le correnti marine, i gradienti di salinità e di temperatura. Ciò necessita l’acquisizione di dati genetici da individui (o popolazioni) georeferenziati. Preferibilmente, l’individuo dovrebbe essere l’unità operativa di base, al fine di evitare artefatti connessi all’utilizzo di popolazioni definite a priori.

Le informazioni ottenute mediante questo approccio possono essere utilizzate in campi differenti. L’individuazione di discontinuità genetiche è necessaria ai biologi evolutivi e agli ecologi per comprendere quali fattori influenzano il movimento di individui e/o gameti e la struttura genetica delle popolazioni. La determinazione del flusso genico è necessaria per comprendere i fattori che determinano l’adattamento locale, oppure descrivere le dinamiche che facilitano la diffusione delle mutazioni. Questo approccio può avere un grande valore applicativo nelle biologia della conservazione, contribuendo all’identificazione delle eventuali barriere naturali o antropogeniche che riducono il flusso genico tra popolazioni. Inoltre permette di individuare unità evolutivamente significative, unità di gestione o unità di conservazione. Infine, può essere utile per predire gli effetti sulla variabilità genetica di programmi alternativi di gestione e la connettività fra le popolazioni, ovvero l’identificazione di “corridoi biologici” nella progettazione di riserve protette.

Viene qui brevemente illustrato come marcatori molecolari e metodi differenti possono essere utilizzati per studiare la strutturazione genetica spaziale e i fattori che ne sono la causa. Nel primo caso abbiamo studiato la struttura genetica spaziale in nove popolazioni del polichete Hediste diversicolor campionate nel Mediterraneo occidentale per mezzo di marcatori molecolari ISSR (Inter Simple Sequence Repeat). I test di assegnazione basati su metodi bayesiani hanno evidenziato la presenza di quattro gruppi genetici distinti, corrispondenti alle aree geografiche della Toscana, Corsica, Sardegna occidentale e orientale. Tale strutturazione genetica non dipende da un semplice modello di isolamento per distanza (cioè l’aumento della distanza genetica a crescenti distanze geografiche), ma riflette l’influenza di barriere alla dispersione, quali correnti marine o altre caratteristiche ambientali che potrebbero aver avuto un ruolo importante nel determinare i ‘pattern’ genetici osservati nelle popolazioni di H. diversicolor analizzate in questo studio.

Nel secondo caso di studio abbiamo utilizzato sequenze di DNA mitocondriale per studiare la diversità genetica intraspecifica di Ophryotrocha labronica, uno dei policheti più comuni presenti nei porti lungo le coste italiane. I campioni sono stati prelevati in tre zone biogeografiche che differiscono per le condizioni ambientali: i) il mare Adriatico settentrionale, il mar Ligure e il Mar Ionio – Stretto di Sicilia. I network degli aplotipi e gli alberi filogenetici hanno evidenziato la presenza di due aplogruppi distinti (tipo A e B), caratterizzati da una divergenza media della sequenza pari al 15.7%. Simili livelli di divergenza corrispondono ad una lunga storia di isolamento fra i due gruppi, i cui areali geografici, tuttavia, si sovrappongono parzialmente. La presenza in simpatria di questi aplogruppi potrebbe perciò riflettere un contatto secondario dovuto all’espansione del tipo B nel Mar Ligure e nel Mar Ionio.   

 

Piero Cossu

Università di Pisa, Dipartimento di Biologia, Unità di Biologia Marina e Ecologia, Via Derna 1, 56126 Pisa, Italy