FileAzione
Paola Gianguzza - Il Plemmirio e le altre AMP mediterranee ITA.pdfDownload Share on Facebook

Paola Gianguzza - Il Plemmirio e le altre AMP mediterranee

Nel contesto internazionale e nazionale è sempre più diffusa l’esigenza di sviluppare nuovi approcci per valutare l’efficacia gestionale delle Aree Marine Protette (AMP). Valutare significa verificare se le misure adottate abbiano prodotto i risultati desiderati. La necessità di sviluppare piani di gestione ben definiti, identificare misure efficaci per l’AMP, monitorare e valutare le Rocce Bianche: Zona B AMP “Il Plemmirio” misure gestionali con successivi feedback dei risultati ottenuti, ha portato a stabilire obiettivi specifici e misurabili al fine di raggiungere gli scopi molteplici per cui le AMP vengono istituite ( la tutela delle specie e degli habitat marini, la conservazione della biodiversità, il ripopolamento degli stock ittici, la gestione delle attività al proprio interno e la gestione dei conflitti tra le diverse categorie di stakeholder).

                La verifica puntuale degli obiettivi prefissati e dei risultati ottenuti da un ente gestore ha una sua validità tanto più grande se si dà per scontato che, abbassando l’intensità dello sfruttamento delle risorse biologiche, queste si ricostruiscano spontaneamente in un intervallo di tempo più o meno esteso, raggiungendo la più alta diversità potenziale. Il ragionamento di base è semplicistico e presuppone un funzionamento lineare degli ecosistemi naturali. Questo li omologherebbe di fatto a delle semplici equazioni numeriche o a poche norme universali: cosa ben lontana dalla realtà.

Il legame tra le azioni di protezione ed i suoi effetti non sono quindi scontati. La conseguenza di ciò è il fallimento, parziale o totale, di tante iniziative che erano nate all'insegna delle migliori intenzioni protezionistiche. Gli ecosistemi possono rispondere alla protezione in maniera del tutto imprevedibile: la risposta del sistema è funzione dei rapporti numerici tra i diversi livelli trofici, dell' eterogeneità e della complessità del fondale, dell'andamento della linea di costa, delle correnti dominanti, della temperatura, e di molti altri fattori che lo spingono in diverse “direzioni”. 

In Mediterraneo la creazione delle AMP ha causato in alcuni casi una modificazione radicale della composizione e della struttura delle comunità vegetali e animali: comunità overgrazed caratterizzate da bassi valori di biomassa algale e da alte densità di ricci (barren habitat) sono passate a comunità ad alghe a tallo eretto. In questi casi l’incremento dell’abbondanza di pesci onnivori e di predatori di invertebrati all’interno delle AMP avrebbe favorito la regressione del barren attraverso un processo detto a cascata. In altri sistemi protetti mediterranei, a causa della mancanza di aumento di specie target predatori dei ricci, o comunque alle aumento demografico incontrollato dei ricci stessi, si è assistito ad un processo opposto e quindi alla formazione di barrens all’interno dell’AMP (Parco Nazionale di Port Cros, Francia; Riserva Naturale di Cabo di Palos-Islas Hormigas, Spagna, Riserva Naturale di Scandola, Francia).

                Nel 2009 il “Consorzio Plemmirio”, ente gestore della AMP, ha invitato il Dipartimento di Ecologia dell’Università di Palermo ora Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare (DiSTeM), a svolgere un progetto di monitoraggio intitolato“Effetti della protezione sulla crescita delle popolazioni di Paracentrotus lividus e Arbacia lixula nell’AMP “Plemmirio” al fine di valutare le risposte di ricci, dei loro predatori e dei popolamenti algali dell’infralitorale superiore alla protezione.

I risultati del  primo anno di lavoro, sebbene limitati ad una scala temporale ristretta, sembrerebbero essere Esemplare di Sparisoma cretense

in linea con quelli già riscontrati in altre AMP mediterranee. Si è infatti registrato un trend di incremento di specie commerciali, come saraghi e sparisoma, all’interno dell’AMP Plemmirio. Questo dato, potrebbe giustificare, attraverso il processo della cascata trofica, le minori biomasse di entrambe le specie di riccio registrate in zona A. Bisogna comunque precisare che i risultati relativi alle “variabili” densità e biomassa dei pesci non risultano coerenti e risulta difficile trarre delle conclusioni assolute. L’effetto della protezione potrebbe infatti essere “nascosto” dalla elevata variabilità spaziale che caratterizza l’area e dalla variabilità riscontrata fra le date di campionamento.

 

Paola Gianguzza

Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare (DiSTeM) Università degli Studi di Palermo