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Nicola Sechi - Il saluto

È con viva cordialità e simpatia che, a nome del Rettore dell’Università di Sassari Prof. Attilio Mastino, porto i saluti ed il plauso per questa rassegna agli amici di Mareamico sia per l’importanza dei contenuti sia per la scelta di Alghero, parte importante dell’area metropolitana universitaria del nostro Ateneo.

L’Università di Sassari è presente ad Alghero con la Facoltà di Architettura e vari corsi di studio e nel sito di Tramariglio con vari gruppi di ricerca sulle tematiche più disparate tra le quali quelle riguardanti il mare.

L’interesse per il mare ed in particolare per l’interfaccia tra mare e terra, cioè quella cintura di ampiezza molto varia chiamata Zona Costiera, dove i contemporanei condizionamenti del dominio terrestre e di quello marino determinano aspetti peculiari a cui corrispondono ecotoni con assetti ecosistemici specifici, è di lunga data e dove sono impegnate varie unità di ricerca sugli aspetti più disparati tipici di questa zona che vanno da quelli legislativi a quelli economici, storici, geologici, geomorfologici, ecologici, biologici, zoologici, botanici, idrologici, sedimentologici, ittici, protezionistici.

Il  notevole interesse, e relativa operatività, nasce nel nostro Ateneo dalla constatazione che le strutture d’habitat che vi si trovano sono molto diversificati e danno luogo a ecosistemi molto particolari - si pensi alle coste rocciose e sedimentarie, alle scogliere, ai sistemi pelagici e bentonici, alle barriere coralline ed ai coralligeni, alle praterie di alghe e di fanerogame, alle baie costiere, alle acque costiere e neritiche, agli estuari e delta fluviali, alle lagune, ai laghi costieri, ai fanghi e sabbie tidali, alle paludi salmastre, alle zone umide più o meno salmastre, agli stagni, ai canneti costieri (Phragmites, australis), alle dune sabbiose, alle spiagge, alle praterie terrestri litorali (Spartina spp), alle foreste litorali - per i quali il grande problema, nell’attuale assetto sociale, economico e urbanistico, è, in raffronto agli ecosistemi terrestri e oceanici, la scala spaziale molto circoscritta dove si scarica il peso, in termini diretti o indiretti, di oltre il 50% della popolazione mondiale. Per questa semplice considerazione si deve assumere che essi siano molto fragili e quindi facilmente soggetti a potenziali processi di destrutturazione e ristrutturazione. I limiti della Zona Costiera sono diversi in relazione ai diversi problemi. Questi limiti devono essere esattamente definiti in relazione ad ogni specifico obiettivo pratico di pianificazione e gestione. In taluni casi i limiti, come nel caso delle dune litorali, sono spazialmente molto ristretti ed in altri casi, come nel caso delle lagune costiere, si estendono fino allo spartiacque dei rispettivi bacini idrografici versanti potendo interessare ampie porzioni spaziali terrestri. Talvolta i limiti sono funzionali ai problemi e non alle strutture.

Si pensi al problema della regressione delle praterie di Posidonia oceanica: se la motivazione primaria è quella dello strascico o degli ancoraggi i limiti terrestri sono indefiniti e sono eventualmente di tipo sociale ed economico; se invece la motivazione primaria è la qualità dell’acqua dovuta, ad es. alla torbidità erosiva, allora i limiti sono fisici e coincidenti con quelli del territorio versante delimitabile con lo spartiacque del bacino idrografico.

È chiaro che l’approccio conoscitivo e gestionale cambia radicalmente.

Le diverse tipologie ambientali danno luogo a miriadi di ecosistemi specifici; ad esempio nel caso delle lagune costiere, a seconda del grado di isolamento dal mare, della dinamica idraulica marina e fluviale e della salinità, si è del parere che ognuna di esse sia speciale e specifica e non assimilabile a nessun’altra.

Questi ecosistemi hanno delle produttività primarie molto elevate tanto che, se si considera fino al bordo estremo della zona neritica, si può sicuramente dire che da essi deriva una porzione molto importante della pesca mondiale che rende conto di circa il 50% della forza lavoro del settore pesca.

Molte delle specie che si trovano in questi ecosistemi hanno strategie vitali adattate alle speciali condizioni ambientali che, a fronte delle scale spaziali ristrette e del forte condizionamento antropico, le pone in serio pericolo di esistenza. Dunque la Fascia Costiera in termini generali è una delle aree a maggior rischio di riduzione della biodiversità.

È in questo contesto che si esplica, in termini rilevanti, l’attività dei vari gruppi di ricerca dell’Università di Sassari sia in termini di ricerca di base che di ricerca applicata e di supporto ai piani ed agli interventi degli enti territoriali. Voglio citare a questo proposito proprio quello in atto tra il nostro Ateneo ed il Comune di Alghero in relazione agli eventi meteomarini e processi erosivi gravi che hanno interessato il litorale cittadino con gravi danni economici ed ambientali: una equipe multidisciplinare è all’opera per capire i processi ed elaborare strategie di intervento. In questa sede verranno presentati alcuni aspetti.

È importante precisare che l’approccio metodologico di questi gruppi di ricerca è di tipo ecosistemico e che gli indirizzi operativi derivanti sono per il mantenimento o ripristino, nel contesto climatico attuale, dei normali assetti strutturali, funzionali e di processo, cioè della biodiversità alla massima espressione e della produttività a tutti i livelli trofici.

Il nostro Ateneo in sintesi è in grado, nel quadro ecosistemico di riferimento, di:

1) definire, con accuratezza e certezza, le scale temporali e spaziali che sono molto critiche (l’unità di gestione può essere su una scala molto diversa da quella in cui i feedback stanno avendo un impatto sull’unità di gestione),

2) valutare i limiti biologici ed ecologici della capacità produttiva di ogni specifico sistema della Zona Costiera,

3) guardare e ad agire alla base dei problemi piuttosto che trattare un sintomo alla volta ed in maniera frammentaria,

4) definire i vincoli sociali ed economici che agiscono, ed hanno sempre agito, e che sono la causa del fatto che non esistono più ecosistemi che non siano stati condizionati dall'uomo.

Concludo quindi auspicando che questa rassegna contribuisca a sensibilizzare ancora di più tutte le fasce di popolazione oltre che i gestori ambientali della complessità, delicatezza e del rischio di esistenza dei vari ecosistemi costieri e dei loro componenti biotici ed abiotici e della necessità che l’approccio di studio, valutazione e intervento sia di tipo ecosistemico e non più frammentato e settoriale.

 

 

Prof. Nicola Sechi. - Università di Sassari