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Nicola Coccia - XIX Rassegna del Mare - MAREAMICO – 31 ottobre -3 novembre 2008

Si parla spesso dell’opportunità per il nostro Paese di divenire la piattaforma logistica del Mediterraneo ma, al di là degli auspici e delle speranze ribadite nei convegni pubblici, essa ha avuto finora scarso riscontro nei fatti.

La realtà oggi é ben diversa: ritardi accumulati dai grandi progetti infrastrutturali, nonché il congelamento dei piani di sviluppo dei grandi porti, rendono terribilmente complesso questo disegno.

Prima di essere quella piattaforma logistica, che geograficamente è ma che storicamente non é mai stata, l’Italia ha invece tutte le carte in regola per essere piattaforma dello shipping mediterraneo, l’insieme cioè delle professionalità e delle attività di servizio indotte, già patrimonio del nostro Paese, poste a sistema: una grande ed unica risorsa anche per gli altri Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo.

È quindi necessario, oggi più che mai, essere realisti e puntare da subito su un progetto strategico concreto, che faccia leva sull'esistente e valorizzi al massimo le risorse umane, organizzative e di rete già operanti.  

Oggi, caso raro in Italia, possiamo salire sul treno del progresso prima che parta, sfruttando l’onda offerta dalla grande affermazione dello shipping italiano che, liberato da vincoli anacronistici e rilanciato da strumenti di competitività quali il registro internazionale, si colloca ai primi posti nel mondo per la giovane età della flotta, per la qualità delle sue navi e del suo management.

Anche grazie a questo sviluppo qualitativo e quantitativo senza precedenti, si sono affermate in Italia attività ad alto contenuto professionale e di servizio che hanno tracciato, passo dopo passo, i confini di un sistema economico robusto, ricco di competenze e autenticamente globalizzato, del quale l’industria armatoriale costituisce il cuore pulsante.

Una nave infatti non porta semplicemente carichi o passeggeri, ma genera ogni giorno ricchezza e occupazione, richiedendo un sistema di relazioni, di servizi, di finanza e di professionalità, unico rispetto al panorama industriale di terra, che costituisce nel tempo un credibile polo di riferimento.

Basta citare alcuni dati: in 10 anni il tonnellaggio della flotta mercantile italiana è cresciuto de 62,5%, il fatturato del 61,2 % e i dipendenti diretti del 70,2 %, il terminalismo portuale ha visto il fatturato aumentare del 300 %, i dipendenti del 267 % ed il comparto delle spedizioni ha registrato un aumento del 122%, del fatturato e del 100% dei dipendenti.

In pratica, in dieci anni i dipendenti del sistema armatoriale e della sua economia indotta sono passati da 82 mila unità a quasi 160 mila unità, mentre il fatturato del sistema è passato 28 mila milioni di euro a 49 mila milioni di euro. Quale altro comparto può vantare simili performances?

Questa economia, appena sinteticamente descritta, è cresciuta con maggiore intensità là dove storia, cultura e professionalità ne rendevano più facile il radicamento.

Eppure manca ancora quel piccolo ma difficile salto di qualità che trasforma un insieme in un sistema. Manca ancora la consapevolezza dell’occasione, unica ed irripetibile, di fare dell’Italia un polo intergrato dello shipping mediterraneo, formato dal know how dell’armamento, dei servizi avanzati allo shipping e della finanza.

Un’occasione storica che richiede oggi al mondo economico e politico una prova di maturità.

Non è un’ impresa facile perché creare un sistema presuppone capacità di programmare i servizi per  una comunità internazionale; significa scuole internazionali che sappiano plasmare le nuove professionalità richieste dalla comunità marittima internazionale, significa servizi in lingua inglese e cultura dell’accoglienza, significa anticipare i trend, significa anche copiare quello che di buono viene fatto nel mondo.

Da tutto ciò, dalla considerazione che è necessario superare il cluster marittimo - modello sì vincente, ma al tempo stesso “chiuso” nei confini nazionali - e che occorre volgere lo sguardo verso l’esterno, in aree geografiche ove stanno nascendo, vedi Dubai, o già prosperano, vedi Singapore, centri globali specializzati nelle attività marittime; in occasione della 48 Ore del Mare, svoltasi a Genova l’8 e 9 luglio 2008, Confitarma ha lanciato l’idea della Global Maritime Community.

Secondo quanto emerso durante la manifestazione, l’Italia già racchiude in sé tutte le potenzialità per diventare una vera Global Maritime Community: un punto di riferimento nel Mediterraneo per l’economia globale marittima e al tempo stesso la location ottimale per l’insediamento di grandi gruppi internazionali.

In quest’ottica, Confitarma ha siglato un accordo di cooperazione con la Dubai Maritime City, in base al quale si stabilisce un legame privilegiato fra gli armatori italiani, leader della comunità marittima italiana, e il nuovo polo infrastrutturale di Dubai che intende porsi al servizio della comunità marittima internazionale accanto ai centri di Londra e Singapore.

I capisaldi di questa Global Maritime Community italiana esistono già e sono: una cantieristica all’avanguardia nella progettazione e costruzione di navi da crociera; una leadership mondiale nella produzione dei mega yacht ed elevati standard qualitativi di tutti i servizi e professioni del mare, dagli agenti, agli assicuratori, ai broker, ai provveditori di bordo, agli avvocati marittimisti, alle società di classificazione navale.

Sino ad oggi questa enorme potenzialità si è mossa bene ma in ordine sparso, pregiudicando così parte delle sue legittime aspettative di successo. Ora esistono le possibilità per trasformarla in sistema, farne cioè un valore aggiunto per tutta l’economia italiana.

Ma per raggiungere questo risultato è indispensabile una piena condivisione degli obiettivi da parte delle istituzioni che, oggi più che mai, sono chiamate a credere e sostenere concretamente un progetto ad alto contenuto come quello della Global Maritime Community.

 

 Dr. Nicola Coccia  Presidente Confitarma