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Monia Renzi - Silvano Focardi - Idrocarburi policiclici aromatici in ecosistemi marino-costieri ITA.pdfDownload Share on Facebook

Lungo le coste del Mediterraneo vivono attualmente circa 136 milioni di persone che direttamente o indirettamente riversano in acqua sostanze chimiche in grado di accumularsi nel sedimento e nel biota. Gli ecosistemi marini rappresentano la principale via di trasferimento di queste sostanze dalla componente abiotica agli organismi viventi mediante fenomeni di accumulo lungo la rete trofica.

Tra i composti chimici che possono rappresentare un potenziale rischio per l’ecosistema acquatico, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) rappresentano una famiglia di molecole di particolare interesse ecotossicologico. Infatti, questi composti sono indicati come contaminanti ambientali prioritari nelle linee guida per il monitoraggio della qualità ambientale redatte dalla Agenzia americana per la protezione dell’ambiente (US-EPA). Gli IPA sono composti ubiquitari, sono presenti a livelli misurabili anche in aree marine sottoposte a tutela ma raggiungono livelli di particolare rilievo nei sistemi portuali, negli estuari, in sistemi lagunari costieri, e nelle aree sottoposte ad elevato impatto antropico.

 Possono essere originati da processi naturali come nella diagenesi della sostanza organica alle basse temperature (formazione dei combustibili fossili come carbone e petrolio) ed in processi di biosintesi, oppure prodotti dalle attività umane industriali ed urbane. Gli IPA possono raggiungere gli ecosistemi acquatici attraverso diverse fonti di immissione quali, ad esempio, scarichi urbani ed industriali, trasporto fluviale e deposizione del particolato atmosferico.

 Non sono rari, tuttavia, fenomeni di sversamenti diretti di petrolio o petrolio derivati. Questi rappresentano la principale criticità per il bacino del Mediterraneo a causa dell’intenso traffico navale, del potenziamento degli approdi portuali previsto dal piano economico di sviluppo nazionale e del numero crescente di incidenti e sversamenti occasionali. I livelli di IPA totali nel greggio si attestano attorno al 7-34% in peso rispetto al peso totale mentre i prodotti petroliferi raffinati contengono livelli di IPA inferiori inclusi tra lo 0,3 ed il 3,7%. Una volta raggiunto l’ecosistema marino gli IPA, essendo composti poco solubili in acqua, tendono ad accumularsi nel sedimento attraverso complessi fenomeni chimico-fisici di adsorbimento alla sostanza particellata organica ed inorganica sottile. I sedimenti possono, pertanto, essere considerati accumulatori di IPA e costituire una loro fonte secondaria di rilascio. Infatti la successiva movimentazione del sedimento può indurre il rilascio degli IPA presenti in colonna d’acqua rendendo queste sostanze nuovamente biodisponibili.

A seguito delle loro proprietà chimico-fisiche, negli ecosistemi marini si osservano livelli maggiori nei sedimenti, intermedi nel biota e minori nell’acqua. Tuttavia, le proprietà chimico-fisiche sono sostanza dipendenti e variano per ciascuna molecola appartenente alla famiglia degli IPA. Queste proprietà determinano il destino ambientale di ciascuna molecola influenzando l’efficienza dei processi di rimozione quali la volatilizzazione, la foto-ossidazione, l’ossidazione chimica, ed il metabolismo microbico. Il naftalene, ad esempio, ha una solubilità in acqua marina di circa 30 mgL-1 mentre IPA a cinque anelli mostrano una solubilità minore compresa tra 0.5-5.0 µgL-1. Nel Mediterraneo livelli di idrocarburi totali in acqua prossimi a 16 µgL-1 sono associati a valori di IPA totali di 148 ngL-1, mentre nel sedimento i livelli di benzopirene sono compresi tra 0.1 e 5000 µgkg-1 d.w..

Queste sostanze hanno effetti tossicologici importanti sulle fasi adulte, giovanili, larvali ed embrionali degli organismi acquatici. Inoltre è documentata dalla letteratura scientifica, l’occorrenza di fenomeni di bioconcentrazione, bioaccumulo e biomagnificazione ed i relativi effetti tossicologici osservati su alghe, invertebrati e vertebrati marini. L’intensità di questi fenomeni è legata, oltre che ai livelli riscontrati, anche a fattori ambientali e dinamiche locali, al tempo di esposizione, alla specie ed al suo livello trofico, al sesso dell’individuo, ad effetti sinergici con altri composti chimici presenti. Per quanto riportato in sintesi in questo documento, risulta evidente come la regolamentazione di questi composti debba rappresentare una priorità strategica nella gestione del bacino del Mediterraneo per tutte le Nazioni che vi si affacciano.

 

 

Silvano Focardi - Dipartimento di Scienze Ambientali, Università degli Studi di Siena

Monia Renzi - Centro Ricerche di Ecologia lagunare, pesca ed acquacoltura (Ecolab) - Polo Universitario Grossetano,  Università di Siena a Grosseto