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Monia Renzi e Silvano Focardi - Trasferimento dei contaminanti di nuova generazione dalle retitrofiche terrestri a quelle marine: il ruolo chiave svolto dagli ecosistemi di transizione- ITA

I contaminanti organici persistenti (POPs) sono sostanze strutturalmente stabili e resistenti alla degradazione biologica ed abiotica, semi-volatili ed altamente solubili nei lipidi. Una volta immessi in ambiente, i POPs tendono a diffondere dalla fonte di immissione verso il comparto di accumulo finale. Diversi fattori regolano la dispersione dei POPs in aria, acqua suolo, sedimento e biota come, ad esempio, le loro proprietà chimico-fisiche e quelle dei comparti ambientali, la struttura delle comunità e le relazioni tra ecosistemi. Gli idrocarburi policiclici aromatici (PAHs), i policlorobifenili (PCBs), le policlorodibenzodiossine (PCDDs), i policlorodibenzofurani (PCDFs), i pesticidi organoclorurati e l’esaclorobenzene (HCB) sono considerati POPs di grande interesse ambientale a causa della loro tossicità e della loro ampia diffusione sulla Terra.

Attualmente queste sostanze sono spesso incluse nei programmi di monitoraggio e sono misurate nelle reti trofiche degli ecosistemi terrestri ed acquatici, nei tessuti di predatori terminali e dell’Uomo. Tuttavia, la continua ricerca di nuove sostanze in grado di soddisfare le richieste dell’ingegneria, dell’industria chimica e dell’industria farmaceutica ha portato alla dispersione diretta ed indiretta in ambiente di contaminanti chimici nuovi detti di “nuova generazione”(NGP). Soltanto per dare un esempio della portata di questo fenomeno, nel 1997 negli USA,sono stati immessi in commercio dall’industria chimica 70.000 nuovi prodotti e composti chimici organici (364,2 milioni di tonnellate). Una volta dispersi in ambiente, i NGP interagiscono con le componenti abiotiche e biotiche dell’ecosistema producendo miscele di sostanze chimiche, metaboliti e loro sottoprodotti di reazione. Queste miscele sono caratterizzate da un progressivo incremento della complessità e da una chiara impronta geografica con percentuali relative di NGPe loro metaboliti che sono dipendenti dalle proprietà chimico-fisiche del NGP e dalla latitudine/altitudine dell’area geografica considerata. Gli effetti indotti dai NGP e dai metaboliti e sottoprodotti di reazione presenti nelle miscele ambientali sulle specie non-target sono spesso sconosciuti all’epoca della commercializzazione. Solitamente gli effetti indesiderati dei NGP sono scoperti solo molti anni dopo la loro commercializzazione e, spesso, in modo inatteso e drammatico.

È questo il caso ben noto del pesticida diclorodifeniltricloroetano (DDT) largamente impiegato nella lotta per il controllo della malaria e pubblicizzato in USA prima degli anni settanta come “il miglior amico delle casalinghe per il controllo dei parassiti”. Gli effetti tossici del DDT sulle specie non-bersaglio furono, infatti, completamente ignoti fino al 1962 quando divennero tristemente famosi a seguito della pubblicazione del libro “Primavera Silenziosa”di Rachel Carson nel quale fu dimostrata la relazione tra l’impiego del DDT e la scomparsa del falco pellegrino in USA. I perfluorurati (PFCs) ed idifenileteripolibromurati (PBDEs) sono NGP di particolare interesse ecotossicologico. I loro livelli in ambiente e nel biota sono aumentati progressivamente nel corso delle ultime decadi con diffusione anche in aree remote della Terra. Numerosi studi hanno dimostrato la loro presenza nei tessuti di molte specie provenienti da aree sia temperate sia remote suggerendo il trasporto aereo delle forme chimiche più volatili e/o il trasporto da parte delle correnti oceaniche. La loro presenza è stata dimostrata anche nei tessuti umani. Studi recenti hanno evidenziato l’esistenza di dinamiche diverse in grado di determinare la distribuzione e l’ingresso dei PFCs nelle reti trofiche.

 

Una recente ricerca condotta dal nostro gruppo di lavoro ha dimostrato che gli ecosistemi di transizione (TWE) ricoprono un ruolo chiave nella modulazione delle rotte di dispersione di questi composti dagli ecosistemi terrestri a quelli marini. Infatti, i costanti flussi di acqua che caratterizzano i TWE, determinano l’accumulo nel sedimento e nella sostanza organica di grandi quantità di NGP provenienti dai bacini imbriferi dei corsi d’acqua dolce che alimentano i TWE e dalle aree agricole terrestri. I NGP, possono essere poi rilasciati dal sedimento o giungere al mare attraverso il trasporto solido. Inoltre, i livelli di NGP misurati nei TWE possono aumentare lungo la rete trofica rappresentando un potenziale rischio anche per l’Uomo attraverso l’alimentazione. Molte delle specie presenti nei TWE fungono da“ponte” tra la rete trofica terrestre e quella marina (es. uccelli ittiofagi, migrazioni riproduttive). Per le ragioni esposte, la gestione dei TWE dovrebbe essere prendere in considerazione gli effetti indotti da movimentazione di sedimenti, variazione del regime idrografico e dei tassi di permanenza delle acque e dei sedimenti all’interno dei TWE includendo la stima della quantità di POP se NGP trasferiti dalla rete trofica dei TWE a quella marina in relazione alla tipologia, durata e modalità di intervento gestionale che si intende porre in essere.

 

 

Monia Renzi1 and Silvano E. Focardi2.

1Departimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, Università del Salento,

SP Lecce-Monteroni, 73100 Lecce.

2Departimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente, Università di Siena,

Via Mattioli 4, 53100, Siena.