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Mario Ferretti - La Pesca - “Momento difficile con fortissime evoluzioni”

La pesca sta cambiando con una velocità impensabile, solo qualche anno fa.

Fattori esterni, quali gli aumenti dei costi energetici ed interni quali lo sfruttamento, pressoché di tutte le risorse presenti in mare, quando addirittura non si verificano veri e propri fenomeni di “sovrappesca”, portano inevitabilmente alla necessaria evoluzione del sistema.

Gli stessi punti centrali deputati alla gestione della pesca era pressoché compito esclusivo del Ministero italiano competente, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali poi, tramite la Direzione Generale della pesca e dell’acquacoltura.

Oggi non è più così. La gestione vera e propria nelle sue linee generali è esercitata dalla commissione europea, mentre alcuni poteri sono stati lasciati alle regioni.

Il Ministero quindi ha perso la sua centralità di gestore e viene spesso sballottato tra regolamenti comunitari e gestione regionale quindi non riuscendo in questa situazione a fare una politica peschereccia lungimirante e sempre più necessaria.

I pescatori spesso oberati da tante incombenze ed immersi in una giungla di regolamenti, continuano a pensare che per risolvere alcuni loro problemi sia sufficiente rivolgersi al Ministero italiano, caso mai esercitando alcune pressioni, ma le possibilità di decisione di quest’ultimo sono molto limitate.

Riuscire a far capire ai pescatori, in generale agli operatori del settore, che tutto è cambiato, che quanto valeva ieri oggi non vale più, è un’impresa ciclopica che per ora ha dato scarsi risultati.

La stessa commissione europea su alcune cosa ha esagerato emanando regolamenti che entrano nei minimi dettagli delle attività di pesca e che spesso sono di difficilissima comprensione in alcuni casi addirittura inapplicabili.

I regolamenti della commissione infatti dovrebbero essere applicabili in tutte le acque battute dai pescherecci europei, ma che male si adottano ai vari bacini, dove si esercita la nostra pesca.

Fissare ad esempio il diametro massimo del filo con cui si possono confezionare le reti da porto, è cosa poco utile, anzi dannosa dato che non vi è uno strumento idoneo ad effettuare questa misura che possa essere usato nei controlli in mare. Se il controllo non è possibile perché imporre la limitazione?

La stessa Commissione Europea ha capito che bisogna cambiare strada. Fare cioè regolamenti generali su cose essenziali ma limitate, lasciando poi la gestione più puntuale più dettagliata per zone di mare omogenee e per specie o gruppi di specie ai paesi direttamente interessati.

Soprattutto si sta facendo strada l’idea che sia opportuno abbandonare regole dettagliate imposte dall'alto quando può essere più utile indicare gli obiettivi da raggiungere, lasciando le modalità per raggiungerli a decisioni locali basate su una conoscenza più dettagliata e precisa della zona di mare dove si intende operare, dagli attrezzi in uso e dalle specie che si vogliono salvaguardare.

Il nuovo regolamento europeo (Reg. UE 1380/2013) sulla nuova politica della pesca introduce delle novità sostanziose e in buona parte condivisibili.

Soprattutto gli articoli 15 e 18 sono una vera e propria rivoluzione,

L’articolo 15 obbliga a portare a terra quanto catturato anche se extra quota o sottomisura.

Per quanto riguarda il Mediterraneo dove non vi sono quote, se non per il tonno rosso, vi sarà l’obbligo di sbarco degli individui sottomisura la cui taglia minima è già stabilita nel Reg UE 1967/06

L’articolo 15 quindi ha una incidenza sulla pesca mediterranea molto limitata perché, se si usano reti regolamentari, le catture di sottomisura non sono elevate e il futuro obbligo di sbarco con destinazione ad uso non per alimentazione umana riguarda quantità esigue di prodotto che già comunque con l’attuale legislazione non può essere commercializzato.

Si vedrà nell'applicazione pratica se si incontreranno problemi che ora non si riescono a mettere a fuoco.

Per l’Atlantico ed il mare del Nord invece, dove molte specie, quasi tutte quelle importanti economicamente, hanno quote di cattura annuali, l’articolo 15 avrà un impatto più importante e probabilmente anche positivo.

Oggi infatti raggiunta la quota di cattura stabilita per una certa specie, si cambia zona di pesca per evitare di catturare individui di quella specie che dovrebbero essere ributtati a mare, purtroppo già morti, con evidente spreco di risorse.

Però anche nella nuova zona vi può essere una cattura accessoria anche se limitata di quella stessa specie e, tutti gli individui catturati debbono essere oggi ributtati a mare.

Obbligare allo sbarco è utile per varie ragioni tra cui far entrare questo prodotto comunque sottratto al mare nelle statistiche di cattura, utile  per la gestione razionale della pesca.

Se poi il prodotto sbarcato potrà essere commercializzato e conteggiato nella quota a carico del peschereccio che effettua lo sbarco, si evita lo spreco, che oggi è comunque considerevole di risorse pregiate che possono invece essere valorizzate.

L’obbligo di sbarco di cui all'articolo 15  ha degli effetti scarsi per il Mediterraneo, come si è visto, dato che limita la sua portata solo  al sottomisura e non se ne vedono facilmente i lati positivi, ma per quanto riguarda il mare del Nord e l’Atlantico l’idea di evitare i rigetti in mare dei pesci sovraquota è sicuramente positivo perché evita lo spreco di risorse importanti e ben accettate dal mercato.

L’articolo 18 ci pone di fronte ad una rivoluzione ancora più marcata e su cui non si intravedono controindicazioni.

La cosiddetta “regionalizzazione”, ci toglie dalle attuali sabbie mobili fatta di regolamenti precisi, dettagliati, particolareggiati, spesso incomprensibili ed inapplicabili di cui ci lamentiamo da anni e ci pone di fronte ad un nuovo approvvio per la gestione della pesca.

L’applicazione dell’articolo 18 dovrebbe portare a regolamenti di base e di indirizzo emanati da Bruxelles dove vengono indicati gi obiettivi da raggiungere ad una certa data.

Gli stati membri interessati alla gestione di una certa zona di mare (regione) potranno in consultazione con i portatori di interesse predisporre bozze di norme, che saranno poi adottate dalla commissione che permettano di individuare le strade più utili per il raggiungimento degli obiettivi indicati nelle norme generali, nei tempi previsti, per zone determinate e specie o gruppi di specie individuati.

In questa operazione debbono essere coinvolti i comitati consultivi previsti dalla commissione europea con apposito atto delegato.

Tutto questo avvicina il processo decisionale agli operatori del settore che diventeranno unitamente agli stati membri interessati, costruttori di norme dettagliate e precise valide per quelle determinate zone in un determinato periodo per la cattura di determinate specie o gruppi di specie.

In altre parole, gli operatore non si vedranno calare dall'alto normative dettagliatissime al limite dell’inapplicabile con fenomeni di contrapposizione a tutto scapito dell’applicazione delle Legge, ma le norme da rispettare saranno discusse dagli stessi operatori e quindi meglio accette e rispettate.

Come si può ben capire si tratta di proposte rivoluzionare, ma forse necessarie o addirittura indispensabili per uscire dall'attuale situazione, con norme eccessivamente restrittive, di difficile applicazione, mal sopportata dal mondo dei pescatori.

Speriamo che venga inaugurata una stagione più produttiva, con meno conflitti e con maggiore partecipazione di tutti i soggetti coinvolti.

 

Prof. Mario Ferretti

C.I.R.S.P.E e

Comitato Scientifico Mareamico