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M. Saroglia - G. Terova - S. Cecchini - G. Caricato - L'acquacoltura nel terzo millennio IT.pdfDownload Share on Facebook

M. Saroglia, G. Terova, S. Cecchini, G. Caricato - L

Fan Li, piscicoltore cinese  vissuto nel 5° secolo a.C., nel suo trattato sull’allevamento della carpa recentemente ristampato descrive le operazioni essenziali da compiere affinché la popolazione di ciprinidi cresca e si evitino guai da parte del drago dei flutti che altrimenti se ne vola via con le carpe in bocca, non appena queste superano una certa densità.

Nel febbraio 2000, circa 25 secoli più tardi e quasi 25 anni dopo la “Dichiarazione di Kioto sull’Acquacoltura”, viene organizzata a Bangkok dalla FAO, NACA e ICLARM, la “Conferenza sull' Acquacoltura nel Terzo Millennio”. I temi principali discussi hanno spaziato dalle basi per la creazione di una legislazione e la pianificazione per uno sviluppo sostenibile dell’acquacoltura alle priorità tecnologiche, i problemi di ricerca e sviluppo (R&D), lo sviluppo delle risorse umane, il commercio internazionale, la cooperazione interregionale, il supporto finanziario e quello istituzionale.

I partecipanti alla Conferenza hanno discusso problemi regionali, le priorità e le strategie e alla fine è stata adottato la “Dichiarazione e la Strategia di Bangkok per lo sviluppo dell’acquacoltura oltre il 2000”. Una grande enfasi  è stata data ai problemi ambientali e alla legislazione al riguardo. Tra altri numerosi aspetti e temi, la Dichiarazione di Bangkok comprende raccomandazioni precise agli Stati sulle misure da intraprendere per favorire forme di acquacoltura sostenibile ed in particolare nel capitolo 3.5, si raccomanda la promozione di buone pratiche per un’acquacoltura responsabile nei confronti dell’ambiente. Riconoscendo la necessità di politiche e pratiche che assicurino la sostenibilità ambientale, il secondo comma dello stesso capitolo sottolinea la necessità dello sviluppo di codici di buona pratica di condotta per l’acquacoltura, ovvero l’adozione delle migliori pratiche gestionali disponibili o Best Management Practices (BMPs), le quali devono essere sostenute da regolamenti e da oppotuna legislazione. In effetti il concetto di “buona pratica agricola”, analogo alla BMP, è recepito anche dalla legislazione italiana con il DL 152/99 che a sua volta recepisce le Direttive Comunitarie sul tema.

L’articolo 9 del Codice FAO per la Gestione Responsabile della Pesca, è stato cosi rinforzato e il ruolo degli stati e le loro responsabilità sullo sviluppo di una acquacoltura responsabile è stato sottolineato insieme alla responsabilità per gli stati stessi di sostenere una attività umana  socialmente cosi importante.  

Gli allevatori europei che non ignorano tali raccomandazioni, attraverso la loro federazione FEAP (della quale fa parte l’API, Associazione Piscicoltori Italiani), hanno recentemente elaborato un documento di autogestione, il quale recepisce proprio l’articolo 9 del codice di condotta FAO e la Dichiarazione di Bangkok (H. Courtney, inf. pers., agosto 2000).

Analizzeremo ora le possibili applicazioni in acquacoltura proprio delle BMPs, alla base di ogni pratica che migliorando le condizioni dell’allevamento abbia come obbiettivo la riduzione dell’impatto ambientale relativo.

Benché la normativa generale per il rispetto della qualità delle acque applicata fino ad ora non solo in Italia ma in tutti i paesi della Comunità si basi sul rispetto di tabelle con concentrazioni massime ammissibili di alcune sostanze, misurate allo scarico, in molti settori agricoli e in alcune industrie, l'utilizzazione di licenze, concessioni o regolamenti che includono le BMPs, è risultato molto più efficace dell'applicazione di norme basate semplicemente sugli standard quantitativi di qualità dell'acqua. Lo scopo delle BMPs è  di richiedere che i progetti incorporino metodi gestionali i quali impediscano efflussi o assicurino che gli effluenti non causino inquinamento o altri danni ambientali e comunque le quantità scaricate siano ridotte ai valori minimi dalle migliori tecnologie disponibili.

Tale tipo di approccio, quando correttamente e seriamente sviluppato dagli allevatori ittici, può permettere agli Stati e alle Organizzazioni Internazionali di far fronte a questa attività produttiva che ha come un obiettivo principale la minimizzazione "dell'impatto interno" in modo da ridurre perdite alimentari ed energetiche, le quali causerebbero all’interno delle vasche, un incremento dello stress e conseguenti perdite sulla produzione ittica, oltre alla necessità di applicazioni terapeutiche con farmaci disciolti in acqua o contenuti nei mangimi.

Un esempio di questo tipo di approccio è riportato da Boyds e Tucker (1998), i quali forniscono una lista delle più elementari BMPs applicabili nella conduzione di impianti di acquacoltura in vasche a terra (Tab. 1).

In questa prima lista di base sono contenute raccomandazioni che coinvolgono i sedimenti e gli effluenti, la relazione con il volume di acqua di ricambio per giorno, le caratteristiche necessarie per la progettazione di  bacini di sedimentazione con l’indicazione del tempo minimo di ritenzione delle acque, raccomandazioni circa lo scarico di acque salmastre e sulla gestione dei sedimenti raccolti.

 

Tabella 1. – Best Management Practices (BMPs) in Acquacoltura: raccomandazioni di base per impianti land-based. (Boyd & Tucker, 1998).

 

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Regolamentazione della percentuale di acqua scaricabile giornalmente, tenendo conto dei possibili overflow dovuti ad eventi meteorologici.

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Imposizione di un trattamento di sedimentazione alle acque di scarico, con permanenza di almeno 6 ore in apposito bacino.

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Proibizione di scarico di acque salmastre in bacini o corpi di acqua dolce ovvero su terreni agricoli.

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Imposizione che i sedimenti accumulati nei bacini siano riutilizzati in agricoltura (se non salmastri), oppure confinati, comunque non rilasciati nei corsi d’acqua od in aree pubbliche.

 

Gli stessi autori suggeriscono poi una lista contenente BMPs finalizzate al miglioramento delle condizioni di allevamento, ossia alla riduzione dell’impatto interno, applicabile ad impianti costituiti da pond in terra ed alla relativa tecnologia di allevamento (Tab. 2).

 

Tabella 2. – Indicazione di BMPs per la riduzione dll’impatto interno negli allevamenti in pond non foderati (Boyd & Tucker, 1998).

 

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Utilizzare solo mangimi di elevata qualità, con una concentrazione limitata di P ed N.

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Evitare di alimentare oltre il normale appetito dei pesce in allevamento.

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Limitare la biomassa in modo di non utilizzare giornalmente oltre 100-120 kg di mangime per ettaro.

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Proibizione di impiego di alcuni disinfettanti ed antibiotici nei pond.

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Quando si svuota una vasca, rilasciare molto lentamente l’ultimo 20% di acqua, onde evitare la risospensione dei sedimenti.

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Non rimuovere il fango dai pond ma riposizionarlo nei punti maggiormente interessati dall’erosione.

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Stabulare l’acqua in ingresso in un bacino, prima di distribuirla nelle vasche di allevamento.

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Per il reclutamento di novellame da ingrasso, impiegare solo animali dei quali si abbiano garanzie sanitarie accertabili ed applicare la quarantena.

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Disporre dei pesci morti nelle vasche applicando opportuni criteri igienici.

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Applicare procedure idonee a minimizzare l’erosione da parte degli aeratori, per esempio compattando le pareti ed il fondo con sassi. Posizionare gli aeratori ad almeno 4 metri dalle pareti.

 

Per la moderna acquacoltura intensiva, con più ricambi idrici giornalieri e con l’applicazione dell’ossigeno puro al posto degli aeratori, alcune di tali BMPs possono risultare non appropriate. Con le moderne tecnologie infatti, è possibile stabulare anche nei pond biomasse molto elevate, con distribuzione di quantità di mangime per ettaro anche oltre 10 volte superiore a quanto riportato in tabella 2. Gli stessi valori poi possono ulteriormente essere superati quando vengono utilizzate vasche impermeabilizzate anziché con pareti e fondo in terra. Le BMPs specifiche devono comunque essere elaborate in modo specie specifico e sito specifico, essendo diverse le necessità e le risposte tra le varie specie allevate come la capacità di smaltimento di diversi ambienti. Per esempio, le BMP relative alla densità di biomassa, come pure la distribuzione dell'alimento per ettaro di superficie, dovranno tenere conto dell’adattamento della specie allo stress sociale, così come alla disponibilità di bacini di decantazione o di biodepurazione a valle delle vasche di allevamento. Se poi si applica la tecnologia di allevamento a ricircolo idrico, il valore indicato nella tabella 2 relativo alla quantità di mangime per ettaro di superficie, può aumentare di 100-200 volte, a seconda della specie ittica allevata.

Ancora per quanto riguarda la densità di biomassa inoltre, bisogna ricordare che lo stress ed il numero di pesci in un dato volume di acqua sono relazionati da una curva ad “U” (Bejerano, 1984), pertanto la densità ottimale di biomassa, rimossi i problemi di cataboliti e di ossigeno, si troverà per densità non troppo elevate ovviamente, ma neppure troppo basse.. A titolo di esempio, da informazioni non pubblicate prodotte contemporaneamente presso l’Università della Basilicata e presso i laboratori IFREMER di Palavas, in spigola (D. labrax) stabulata a densità di 80 kg/m3, si riscontra clinicamente un ridotto stress sociale rispetto a stabulazioni con densità 4 volte inferiori  (inf. personali da D. Coves e da noi stessi). Pertanto nell’elaborazione di BMPs relative alla biomassa sostenibile si dovrà tenere conto oltre che della tecnologia di allevamento, delle risposte specie-specifiche degli animali.

Il problema della qualità del mangime rimane tra quelli prioritari. Infatti, con la riduzione della componente in farina di pesce si riduce anche il rilascio di fosforo, mentre mangimi non bilanciati in aminoacidi, a causa di una utilizzazione di parte di essi dopo deaminazione, inducono un maggiore rilascio di azoto e come conseguenza del cattivo impiego delle farine di pesce, anche di fosforo. Il problema diviene evidente quando si utilizzano per l’alimentazione del pesce i  residui grezzi della pesca. In questi casi, oltre alla perdita in acqua di materiale organico, si ha spesso un’alimentazione sbilanciata, con il risultato di maggiori perdite di nutrienti, di un incremento del BOD e, specie nel caso delle gabbie galleggianti, un maggiore deposito di carbonio organico nell’area bentonica. Per ovviare alle perdite azotate, la moderna mangimistica si sta orientando verso un bilanciamento aminoacidico ottenuto con l’aggiunta degli aminoacidi limitanti (lisina) in forma sintetica, per evitare un eccessivo arricchimento negli aminoacidi maggiormente rappresentati e quindi contenere il rilascio di N originato dalla deaminazione di questi ultimi.

Ai tre workshops dell’organizzazione  COST 827 sull'assunzione volontaria di cibo da parte del pesce, tenutesi tra il 1996 ed il 2000 ad Aberdeen, Umea e Potenza rispettivamente, sono state riportate importanti informazioni, utili a definire le strategie delle BMP per la strategia alimentare.

Ottimizzando la qualità delle condizioni interne dell’allevamento si ottiene come conseguenza una riduzione dello stress nel pesce con riduzione della frequenza delle malattie infettive ed infestive. Oltre ai valori massimi di ammoniaca e di nitriti, solidi in sospensione ed altri parametri di base largamente riportati in letteratura, uno dei principali fattori ambientali causa di stress è la concentrazione di ossigeno disciolto (DO). L'importanza delle BMPs relative all’ossigeno disciolto ed  i vantaggi di elevati valori di DO per il pesce sono stati dimostrati essere di tipo energetico ed immunologico. Il pesce esposto a valori di saturazione di ossigeno, oltre a rispondere meglio al test di nuoto (Saroglia et al., 1998), risparmia energie nel controllo osmotico (Cecchini et al., in prep.), inoltre mostra una maggiore resistenza alle malattie. A regime di saturazione o di blanda ipersaturazione in D.O. si osserva un aumento delle immunoglobuline totali, come pure globuline gammaglobuline specifiche. Le spigole infatti rispondono con significative differenze di concentrazione plasmatica in gamma globuline specifiche, alla stimolazione con HGG, quando il valore di D.O. è fluttuante al di sopra del  90% del valore di saturazione, rispetto alle fluttuazioni al di sotto del 70% di saturazione (Saroglia et al., 1998). Risultati simili sono stati ottenuti nei confronti della risposta contro antigeni parassitari, dal gruppo dell’Università di Pisa (Cognetti-Varriale et al., 1998). Una BMP relativa alle condizioni di ossigeno nell’impianto potrebbe quindi prevedere una condizione di concentrazione media di ossigeno superiore al 90% del valore di saturazione, oltre alla garanzia che per il 90% del tempo il valore di DO sia superiore al 70% del valore di saturazione.

Una BMP relativa all’uso dei farmaci dovrebbe iniziare con la prevenzione e quindi con la vaccinazione del pesce novello contro le patologie più frequenti dell’allevamento. Con questo approccio in Norvegia sono stati ottenuti strabilianti risultati nella riduzione dell’uso relativo di farmaci, già nella prima parte degli anni ’90.

In conclusione, l’adozione della “buona pratica agricola” in acquacoltura, o BMP, potrebbe avvenire in alternativa parziale o totale all’applicazione delle tabelle coi parametri di qualità dell’acqua espressi come concentrazione massima di sostanze potenzialmente nocive. I vantaggi di tale svolta nella filosofia generale nella gestione della risorsa ambientale, pure con il mantenimento di pochi importanti e descrittivi parametri di riferimento monitorabili quantitativamente, sarebbero molteplici. Tra questi una più sentita responsabilizzazione dell’allevatore e dell’amministratore pubblico. Il primo si troverebbe a dover rispondere alla propria Associazione di categoria in primo luogo. Il secondo in particolare, non sarebbe sollevato dalle responsabilità attraverso una semplice gestione burocratica della risorsa ambientale ma si troverebbe a dover gestire parametri di riferimento di tipo qualitativo estremamente mirati, oltre a valori quantitativi eventualmente negoziabili caso per caso, pur entro certi margini, in una sorta di formula di scarico preliminare definita con la concessione di derivazione e di scarico. Il risultato sarebbe una eliminazione dei rischi ed uno scarico in rispetto alle convenzioni che deriverebbe come logica ed automatica conseguenza, inoltre va ricordato che gli strumenti per una tale svolta amministrativa si trovano già, almeno in parte, nel citato DL 152/99. Ovviamente qualsiasi  scelta di BMP dovrebbe essere supportata dalla scienza, senza isterismi ambientalisti, da nessuna parte.

Con questo non si farebbe altro che applicare ancora, sebbene in chiave moderna ed a 25 secoli di distanza, la regola di Fan Li, all’acquacoltura del terzo millennio.

Saroglia, G. Terova, S. Cecchini, G. Caricato

Università degli Studi della Basilicata, Potenza, Italy.

Bibliografia

 

Bejerano I. 1984 Detection and control of stress conditions in warm water aquaculture. In: H. Rosenthal e S. Sarig (eds.), Research on Aquaculture, EAS pp.73-92. EAS, Oostenda, B.

Boyd C.E., Tucker C.S. 1998 Pond Aquaculture Water Quality Management. Kluwer Ac. Publ., Kluwer, Boston. pp.700.

Cognetti-Varriale A.M., Gervasi P.G., Mazzanti C., Monni G., Pretti C. 1998 Studio dell’influenza dell’ossigeno disciolto in specie ittiche eurialine affette da malattie infestive. Biol. Marina Med. 5(3):1627-1632.

Saroglia M., Cecchini S., Terova G., Caricato G., De Stradis A. 1998  Studio su alcuni meccanismi di adattamento del pesce eurialino alle condizioni di iperossigenazione, in relazione all’ottimizzazione zootecnica: primi risultati. Biol. Marina Medit. 5(3):1688-1698