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Lucio Ubertini - Il rischio idraulico-geologico in area costiera: interventi per la protezione delle coste

Il rischio idraulico e geologico in area costiera è definito, in analogia con ogni altra regione di territorio, come il prodotto tra la pericolosità (ossia la probabilità che, in un fissato intervallo di tempo, si verifichi un evento) ed i danni che ne possono conseguire. Il danno è a sua volta ottenuto dal prodotto tra gli elementi esposti al rischio e la relativa vulnerabilità.

Il valore esposto, che in base alla definizione citata costituisce condizione imprescindibile per il manifestarsi del rischio, è chiaramente da riferire, oltre che alle vite umane, anche alla presenza sia di beni che possono subire direttamente dei danni (infrastrutture, edifici, stabilimenti, ecc.) sia di beni, quali le spiagge, il cui arretramento a causa di fenomeni erosivi può arrecare considerevoli danni all'economia di una regione costiera.

In Italia, in particolare, il processo erosivo è evidenziato dall'andamento della linea di riva, che si presenta con un trend evolutivo medio negativo sin dall'inizio del ‘900 e con forti accelerazioni a partire dagli anni 60-70. Il fenomeno dell’erosione assume valori molto significativi in circa il 30% delle spiagge italiane, che costituiscono il 45% dell’intero perimetro costiero (8.000 km).

Il rischio idraulico-geologico è anche presente in tratti di costa alta in cui, invece dei fenomeni erosivi, si verificano spesso frane, favorite dall'azione del moto ondoso, del vento e della salsedine.

Gli interventi volti alla mitigazione del rischio in area costiera si basano, comunque, così come per i bacini idrografici, sui quattro momenti: percezione, previsione, prevenzione e preannuncio. 

La percezione e la previsione (che costituiscono rispettivamente la fase di individuazione qualitativa della possibilità che una certa costa sia esposta a rischio idraulico-geologico, in genere sulla base di informazioni storiche di eventi occorsi, e la fase di quantificazione della pericolosità e quindi della probabilità che si verifichi un evento di una certa intensità) sono momenti ampiamente sviluppati in ambito tecnico-scientifico per le coste italiane, grazie anche ai dati forniti dalla rete ondametrica nazionale (che conta una delle stazioni proprio a largo di Alghero), alle informazioni sull’arretramento della linea di riva ottenute mediante confronti di aerofotogrammetrie di anni diversi e, soprattutto, ai lavori di ricercatori e tecnici, tra cui si ricorda il progetto AVI del CNR-GNDCI (Figura 1), l’Atlante delle spiagge italiane (Figura 2) e l’Atlante delle coste italiane redatto dall’ISPRA.

Figura 1. Progetto AVI per la Regione Sardegna (fonte CNR-GNDCI). (vedi allegato)

Figura 2. Sintesi della tendenza evolutiva della costa italiana (fonte Atlante delle Spiagge Italiane). (vedi allegato)

La mitigazione del rischio mediante il preannuncio, cioè la possibilità di seguire l’evoluzione di un certo fenomeno e, in tempo reale, provvedere ad allertare in anticipo la popolazione interessata, è in realtà abbastanza limitata nel caso di rischio costiero, a causa dell’assenza di grandezze utilizzabili quali precursori (ad eccezione degli tsunami che seguono il verificarsi di eventi sismici).

La protezione dei litorali deve quindi basarsi essenzialmente sulla prevenzione, ossia l’attuazione di interventi, diretti o indiretti, volti alla riduzione della pericolosità o del valore esposto.

Gli interventi diretti di maggiore rilievo sono finalizzati alla riduzione del trasporto solido dei corsi d'acqua (mediante controlli sul divieto di escavazione in alveo per il prelievo di inerti e mediante corrette gestioni dei sedimenti intercettati dagli sbarramenti) e del degrado e antropizzazione delle fasce dunali e retrodunali, a regolare il rilascio delle concessioni demaniali marittime ad uso balneare, a riqualificare la fascia costiera prevedendo, ove possibile, l’arretramento delle infrastrutture esistenti, ecc.

Gli interventi diretti, invece, riguardano opere di ingegneria idraulica realizzate nell'area costiera al fine di controllarne l’evoluzione morfologica. Tali interventi, che rappresentano il fulcro della protezione delle coste, si distinguono in interventi di difesa “attiva”, nel caso in cui siano in grado di alterare l’idrodinamica costiera e/o il relativo trasporto solido, o di difesa “passiva”, nel caso in cui proteggano passivamente il territorio dall’azione del mare senza alterare sostanzialmente il trasporto longitudinale. Tra le difese di tipo attivo sono da ricordare le barriere parallele o distaccate tracimabili, i pennelli, gli interventi di ripascimento e gli impianti o i sistemi di by-pass della sabbia. Tra le difese di tipo passivo, invece, si ricordano i muri di sponda, i rivestimenti in massi (naturali o artificiali) e gli interventi di ricostituzione e protezione naturale con piantumazione di specie vegetali autoctone.

 

Prof. Ing. Lucio Ubertini - Sapienza Università di Roma