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Lucio Ubertin  - Valorizzazione e Protezione del Patrimonio Archeologico Sottomarino

Nel corso dei millenni il Mar Mediterraneo ha rappresentato un crocevia di civiltà e scambi commerciali che hanno lasciato tracce ed importanti testimonianze sulle sue coste e sui fondi marini. I mari custodiscono un importante patrimonio archeologico sommerso, la cui conoscenza e precisa localizzazione sono i primi elementi base per assicurarne la tutela e la valorizzazione.

L’esplorazione dei fondali ha sempre esercitato un grande fascino sull'uomo, ricordiamo tra le innumerevoli imprese fantastiche attribuite ad Alessandro Magno, si narra che il re macedone si fece calare in mare protetto da un involucro di vetro, per conoscere da vicino le meraviglie del mondo marino.

Le ricerche sistematiche nei mari italiani ebbero inizio nel 1957, quando fu creato, in seno all'Istituto Internazionale di Studi Liguri, il Centro Sperimentale di Archeologia Sottomarina, con sede ad Albenga, dove era iniziata la ricerca subacquea mediterranea con il ritrovamento e l'esplorazione del relitto della nave romana, detta appunto "di Albenga", ad opera di Nino Lamboglia, pioniere dell'esplorazione archeologica sottomarina.

Nel 1958 l'Italia ebbe per prima una nave militare utilizzata per le ricerche archeologiche sottomarine, che, attrezzata opportunamente, permise di effettuare campagne su tutte le coste italiane, esplorando relitti e città sommerse.

Unico nel suo genere è il fortuito ritrovamento di Fiumicino, durante gli scavi per la realizzazione dell'aeroporto, che ha restituito gli scafi di cinque navi databili a cavallo tra il II e il III secolo dell'era cristiana, illuminanti sulle tecniche di costruzione degli antichi maestri d'ascia.

L’attenzione verso il patrimonio nascosto dalle acque è anche sancita dalla Convention on the Protection of the Underwater Cultural Heritage, convenzione dell'Unesco per la protezione del Patrimonio Subacqueo entrata in vigore il 2 gennaio 2009. (vedi all.)

From First session of the meeting of States parties to the convention On the protection of the Underwater cultural heritage 26/27 March 2009, Paris, UNESCO

La convenzione stabilisce uno specifico regime di  cooperazione internazionale per la realizzazione di opera di protezione del patrimonio culturale sommerso. La Coastal Zone interessata è quella compresa all’interno della Exclusive Economic Zone (mostrate nella figura di seguito), tutte le informazioni condivise dagli stati parte e UNESCO sono strettamente confidenziali e di dominio delle sole autorità competenti, la conservazione del patrimonio in situ è uno  dei principi base condivisi. (vedi all.)

 

Suddivisione della coastal zone

 

Ad oggi le attività di ricerca, almeno in ambito mediterraneo, sono state svolte con completezza ciò che va potenziato è sicuramente la tutela dei beni il loro controllo e monitoraggio per migliorare la protezione dei siti archeologici sommersi.

Sono necessarie attività multidisciplinari che possano potenziare la raccolta delle informazioni edite ed inedite, i rilievi strumentali e le verifiche in mare, la classificazione e valutazione dei dati, la divulgazione dei risultati e non ultime attività tecnico scientifiche di modellistica idraulica per la definizione della idrodinamica e le azioni di sollecitazione correlate.

E’necessario lo sforzo delle specifiche discipline per la ricerca di un linguaggio comune finalizzato al raggiungimento dei risultati di eccellenza.

Ne è un eccelente esempio il progetto “Submarine archaeology and coastal management: Steps Towards an Integrated Solution in Alexandria, Egypt” promosso dalla UNESCO global platform “Environment and development in coastal regions and in small islands” (CSI), nel quale sono indagati molteplici aspetti scientifici:

  • Il più grande emporio del mondo abitato (epoca Greco-romana)
  • Ricerche marine subacquee dell’antica Faro
  • Principi legali per proteggere il patrimonio culturale subacqueo
  • Impatto umano sull’ambiente marino di Alessandria
  • Propagazione ondulare e sedimentazione nel sito di Faro.

L’Italia può rivendicare un ruolo di primo piano nella storia della archeologia sommersa luogo come custode di un patrimonio archeologico ricchissimo e di inestimabile valore documentario, si pensi che grazie al progetto un censimento dei beni archeologici sommersi solo in Basilicata, Campania, Puglia e Calabria sono stati individuati ben 287 siti archeologici .

Proprio in Italia, dopo la seconda Guerra Mondiale, sono stati compiuti i primi passi verso una metodologia di indagine rigorosamente scientifica ed una organizzazione razionale del lavoro subacqueo con mezzi adeguati ed efficaci strutture di coordinamento.

Il lavoro dei ricercatori, oltre a recuperare reperti unici, è volto a definire in modo preciso, grazie a studi scientifici, la morfologia dei siti, la loro stabilità, il grado di rischio relativo alla conservazione ed interazione con l’ambiente acquatico e non ultima la ricostruzione di importati sezioni della nostra storia dal il traffico militare e commerciale all'arte e cultura delle civiltà marittime del passato.

Prof. Ing. Lucio Ubertini – Università La Sapienza di Roma