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Lory Larva - Un tuffo nei mari della storia

“Cos’è il Mediterraneo? Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre… Il mare, infatti, quale lo conosciamo e lo amiamo, offre sul proprio passato la più sbalorditiva e illuminante delle testimonianze”.

Da queste considerazioni dello storico Fernand Braudel incomincia il viaggio nel tempo sulle acque e nei fondali del Mediterraneo. Un mare considerato, a pieno titolo, per la sua posizione geografica strategica, culla di civiltà e teatro della storia di etnie differenti, che, nel corso dei secoli, hanno tratto linfa vitale, moltiplicandosi, incontrandosi e scontrandosi sino a plasmare quel crocevia culturale che affonda le radici con il mitico stagno di Platone luogo condiviso di popoli intorno al quale vivono e interagiscono attraverso una fitta rete d’incontri e scambi. Si tratta di uno spazio storico-geografico dai confini indefiniti da tutelare e valorizzare perché scaturito da equilibri precari, subordinati a tante variabili, a volte violente altre del tutto pacifiche, sulla scia di una politica d’integrazione tra gruppi indigeni e allogeni.

Sin dall’antichità, una moltitudine di popoli barbari senza unità di lingua, di leggi e di costumi, s’insediò da costa a costa, gettando il seme di differenti civiltà. L’unico trait d’union in grado di amalgamare questi popoli era costituito dagli emporia ovvero strutture per il commercio transfrontaliero annesse a porti e approdi, funzionali al veicolo d’idee, contatti, arte e scambi commerciali. Il Mediterraneo per gli Egiziani, così come i Fenici, primo popolo a navigarlo in lungo e in largo, era il “Mar Superiore” mentre molti secoli dopo Isidoro di Siviglia lo descriveva come: «… un grande mare perché tutti gli altri mari sono in comparazione piccoli. Con le sue acque, infatti, si stende in mezzo alle terre fino a Oriente separando l’Europa, l’Africa e l’Asia». Acuta è la definizione di Predrag Matvejevic nel suo rinomato Breviario Mediterraneo, dove si nota il riferimento a “un immenso archivio e un profondo sepolcro”.

Un “mare che unisce e divide”, è, invece, per Horchani Ferhat. Sin dalle prime battute, ne scaturisce la visione non solo di un mare, ma anche del suo valore simbolico: una frontiera liquida tra Oriente e Occidente, tra culture e religioni nel solco della sua millenaria storia che vede questo mare protagonista delle crociate verso la Terrasanta e della battaglia di Lepanto tra i cristiani della Santa Lega e i turchi ottomani, senza tralasciare l’aspetto ancor più antico di luogo di miti in primis quello dell’Ulisse narrato da Omero, dei nostoi di ritorno dalla guerra di Troia e di autostrada fluida della colonizzazione greca.

Chi è nato e cresciuto in un territorio bagnato dal mare nostrum, così come lo definivano i Romani, non può esimersi di andare a ritroso nel tempo alla ricerca delle origini e delle relazioni tra culture lontane da un punto di vista geopolitico e geoeconomico, eppur così vicine da un punto di vista storico. E non è un caso che tra le culture del bacino del Mediterraneo si possano ravvisare numerosi tratti in comune, trascurando le mille contraddizioni e lacerazioni come, ad esempio, il recente fenomeno migratorio dalle coste africane, in uno scenario in continua evoluzione. In questa XXIX Rassegna, organizzata da MareAmico, non mi sfiora lontanamente il pensiero di percorrere i campi empirici della speculazione filosofica, piuttosto mi baserò sui dati concreti della documentazione archeologica per avvalorare la tesi che questo “mare in mezzo alle terre” racchiude, da sempre, l’unità nella diversità. In tutti i tempi, l’uomo ha solcato questo mare che si fonde e si confonde con altri mari. Occorre, tuttavia, sfatare il mito e considerare che, nonostante i tanti volti e i tanti nomi assegnati per convenzione, il mare è uno. Uno stato mentale, un simbolo universale, un’entità che pulsa di vita, un farmaco che rigenera, un luogo che, come le sirene di Ulisse, incanta e inquieta, e, infine, una potente divinità che dà e toglie la vita. È questo il segreto del Mediterraneo che per sopravvivere oggi più che mai non deve fare i conti solo con il clima, ma accogliere tra le sue acque e far sospingere da un vento propizio sino a riva, il vascello del futuro racchiuso nel suo passato.

 

Dott.ssa Lory Larva – Archeologa