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Leonardo Damiani - Il problema dell’erosione costiera

Per una migliore comprensione  e illustrazione dell'abstract si consiglia di scaricare il pdf, con tabelle e foto illustrative

 

Cosa sta succedendo alle spiagge italiane?

Perché negli ultimi anni i fenomeni di erosione stanno assumendo proporzioni così drammatiche?

Abbiamo tutti davanti agli occhi le scene catastrofiche che i TG nazionali trasmettono ormai con preoccupante frequenza: ferrovie danneggiate, strade sprofondate, case crollate, ecc.

Queste sono solo punte di un iceberg molto più grande, infatti le spiagge quasi del tutto scomparse ormai non si contano più, con gravissime conseguenze sul piano economico e sociale e con ancor più preoccupanti ripercussioni sul piano ambientale.

Il problema ha assunto dimensioni planetarie e numerosi ricercatori in tutto il mondo stanno conducendo ricerche sull'argomento al fine di definire tutte le possibili cause dell'erosione costiera e di mettere a punto modelli di previsione dell'evoluzione dei litorali. La ricerca va però sostenuta e, come è noto, in Italia poco o nulla viene concesso in termini economici alle istituzioni preposte alla ricerca.

Ad ogni modo, la scienza non ha ancora dato risposte esaustive sul perché di questa inversione di tendenza che sta sensibilmente riducendo l'estensione del territorio nazionale, anche se si può con ragionevole certezza sostenere che i disordinati interventi effettuati sulla fascia costiera, sia a mare che nelle zone immediatamente prospicienti la linea di riva, sono fra i principali responsabili del dissesto in atto.

In Puglia la situazione non si sottrae al trend nazionale, infatti nessuna delle Province Pugliesi può dirsi esente da marcati fenomeni di erosione costiera. Il problema è tanto più urgente se si pensa all'elevatissimo sviluppo costiero della nostra regione (oltre 800 km, con un rapporto fra superficie regionale e lunghezza delle coste simile a quello di un'isola). La nostra economia non può fare a meno di una fascia costiera di elevati standards qualitativi. L'industria ittica, lo sviluppo turistico, i trasporti impongono una buona qualità delle aree costiere, sia dal punto di vista delle infrastrutture che della qualità delle acque,  ma innanzitutto occorre restituire stabilità alle nostre spiagge.

Per quest'ultimo aspetto la Puglia è ancora indietro rispetto ad altre regioni italiane che traggono la loro ricchezza dal mare. Infatti, a fronte di numerose zone turistiche con litorali fortemente compromessi, sono ancora molto rari gli interventi di difesa costiera. In questa affermazione non si tengono ovviamente in conto interventi isolati, che nel complesso producono più danni che benefici all'equilibrio dei litorali. Infatti è ben noto che i tradizionali interventi di

protezione producono spesso notevoli scompensi nel regime del flusso di sedimenti nei tratti adiacenti a quello protetto.

Occorre dunque che le Amministrazioni pubbliche si pongano il problema di intervenire rapidamente per non perdere definitivamente un patrimonio economico ed ambientale di inestimabile valore quale quello costituito dalla fascia costiera, ricordando che prevenire l'erosione è sempre meglio (economicamente vantaggioso, socialmente prudente ed ambientalmente corretto) che recuperare i danni da essa prodotti.

Si deve comunque riconoscere che negli ultimi anni gli sforzi della Regione Puglia si sono intensificati, dando origine ad una serie di iniziative che tendono ad affrontare il problema dell’erosione in maniera corretta. Si devono infatti segnalare le iniziative inserite nei programmi POR tese da un lato a finanziare interventi di protezione in aree particolarmente in crisi e dall’altro a fornire un quadro complessivo ed organico sullo stato dei litorali.

E’ infatti da sottolineare che molto spesso gli interventi di protezione proposti non poggiano su solide basi di conoscenza del territorio e del regime dei litorali, tanto da produrre effetti indesiderati.

La Regione Puglia sta investendo risorse in un ampio programma di monitoraggio dei più importanti parametri fisico-ambientali che potrà fornire preziosi input progettuali, in assenza dei quali si corre il rischio che le opere progettate possano, nella migliore delle ipotesi, risolvere i problemi locali, accentuando nel contempo il degrado nei tratti costieri limitrofi.

La foto di fianco mostra, a titolo di esempio, un caso di intervento di protezione che ha sconvolto il regime del litorale.

L’immagine si riferisce all’armatura di foce del Torrente Saccione, al confine fra Puglia e Molise. I pennelli realizzati hanno certamente contribuito a stabilizzare la foce del torrente, ma hanno prodotto l’interruzione del flusso sedimenti che alimentava la spiaggia pugliese (a Levante della foce), con un conseguente massiccio arretramento della linea di riva. Un analogo intervento è stato proposto a pochi chilometri dal precedente, per stabilizzare la foce del Fiume Fortore (interamente in territorio pugliese). In questo caso, come evidenziato dalla fotografia successiva, l’intervento è risultato del tutto inefficace.

Dalla foto si osserva che il pennello di ponente risulta ormai completamente distaccato dalla riva ed aggirato dalle correnti long-shore. Altrettanto evidente risulta il flusso dei sedimenti, guidato dall’armatura verso il largo. Il risultato complessivo di tale intervento è quello di sottrarre sedimenti (sia quelli provenienti dal Fiume che quelli trasportati dalla corrente long-shore) all’equilibrio della spiaggia, convogliandoli verso le profondità maggiori, con la conseguenza che la spiaggia, già in condizioni critiche nel tratto di levante a causa della presenza dell’armatura della F. del T. Saccione, nel tratto di ponente e quasi del tutto scomparsa.

I casi illustrati sono indicativi di una situazione purtroppo assai diffusa. Sono stati infatti presi in esame due interventi simili, il primo dei quali raggiunge l’obiettivo di progetto (la stabilizzazione della Foce), pur provocando innegabili danni al litorale limitrofo, mentre il secondo, a fianco del pesante impatto sui litorali, sembra anche non idoneo a perseguire gli obiettivi di progetto.

Gli esempi citati segnalano l’urgenza non solo di ricorrere a strumenti progettuali adeguati, ma anche di porre maggiore attenzione allo studio del regime del litorale, ribadendo la necessità di un miglior coordinamento fra gli Enti territoriali preposti. Troppo spesso, infatti, le pubbliche amministrazioni ricorrono ad interventi di protezione con il legittimo auspicio di risolvere i problemi di propria competenza, ignorando le conseguenze che tali interventi possono produrre sui territori limitrofi. Al contrario, proprio nella pianificazione del territorio costiero, occorre avere una visione di insieme, che guardi, verso il mare, all’intera unità fisiografica e verso terra, ai possibili apporti terrigeni.

Il discorso potrebbe essere ampliato se si considera l’aspirazione di molti comuni costieri di dotarsi di porti turistici o comunque di infrastrutture costiere in grado di incentivare lo sviluppo delle attività socio economiche delle proprie comunità.

Occorre in definitiva, intensificare da un lato le azioni di monitoraggio e dall’altro un’azione di coordinamento che, senza ledere le competenze e le aspirazioni delle diverse Amministrazioni, sia in grado di prevenire i dissesti causati da interventi mal progettati, o comunque non integrati nel territorio.

La sfida che attende gli Enti territoriali nei prossimi anni è certamente complessa ed al tempo stesso stimolante. Infatti, anche sul piano scientifico, non si dispone ancora di un termometro certo per valutare lo stato di malessere di un litorale, la sua possibile evoluzione e gli interventi più idonei a ridurre il rischio di erosione costiera, benché negli ultimi anni si siano compiuti notevoli passi in avanti.

A tal proposito si deve ricordare che la riduzione di spiaggia emersa, indice evidente di sofferenza del litorale, costituisce spesso solo la fase terminale di un processo in atto già da molto tempo. Infatti, una diagnosi precoce di un processo erosivo può essere formulata ricercando i primi sintomi di malessere, che potrebbero manifestarsi nella spiaggia sommersa. E’ dunque necessario procedere ad indagini batimetriche e morfologiche delle spiagge a rischio, in modo da intervenire tempestivamente, magari con interventi limitati, di basso impatto ambientale e che richiedano investimenti limitati. In definitiva, è possibile ipotizzare “terapie più efficaci se non si attende che il malato raggiunga lo stato terminale”.

A rendere complessa un’efficace monitoraggio costiero intervengono principalmente due fattori: la rapida obsolescenza dei dati rinvenienti da indagini in situ e la molteplicità dei parametri da porre sotto osservazione.

In merito al primo aspetto si deve sottolineare che, se è necessario pretendere accurate indagini di campo preliminari a qualsiasi intervento nella fascia costiera, occorre allo stesso tenpo prvedere un’azione continua, per un congruo periodo di tempo, a valle di ogni intervento, in modo da definire inequivocabilmente il trend dalla spiaggia a seguito delle modificazioni introdotte.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, l’illustrazione presenta uno schema di monitoraggio di tutti i parametri utili per definire l’evoluzione di un litorale. Fra questi, alcuni vanno acquisiti a cadenza prefissata, altri invece necessitano di un rilievo in continuo, per il quale è importante predisporre una rete di monitoraggio fissa. I recenti trasferimenti di competenze dal governo centrale alle regioni, impongono a queste ultime di dotarsi degli strumenti e, soprattutto, anche delle professionalità necessarie. Infatti, come detto, le azioni necessarie sia per il monitoraggio che per la pianificazione delle opere di protezione, sono tutt'altro che standardizzabili e richiedono un’elevata specializzazione, nonché la predisposizione alla sperimentazione di nuove tecniche. Ad esempio, è in studio la possibilità di un monitoraggio in continuo della linea di riva mediante tecniche di ripresa da postazione fissa e, nel campo delle opere di protezione, sono in fase già avanzata gli studi su interventi a basso impatto ambientale (di cui si riferirà in seguito) che, anche nella malaugurata di fallimento dell’intervento, almeno non rechino danni ai litorali limitrofi come accaduto nei casi precedentemente citati. Inoltre, un aspetto essenziale della progettazione delle opere di protezione, è costituito dalla loro ottimizzazione mediante modello fisico. Tale pratica, non molto seguita in Italia, richiede la presenza di laboratori specializzati di grandi dimensioni; fino a qualche anno fa tali laboratori erano assenti in Italia e, nei casi in cui le prescrizioni delle Amministrazioni richiedevano lo studio su modello fisico delle opere in progetto, si faceva ricorso a rinomati laboratori europei (in Olanda, Inghilterra o Danimarca), con innegabile aggravio dei costi.

Recentemente, grazie all'impegno dei ricercatori del Politecnico e della Regione Puglia, la comunità europea ha finanziato uno fra i più grandi laboratori al mondo (il Laboratorio per la Ricerca e la Sperimentazione delle Opere di Protezione Costiera - LIC), ubicato a Valenzano (Bari). Il laboratorio, operativo dal 2001, si è già imposto all'attenzione nazionale, sia per le sue attività di ricerca, che per le prestazioni di servizio al territorio.

L’importanza della modellistica fisica è universalmente riconosciuta in molte applicazioni costiere, anche se, specie nel caso di modelli a fondo mobile (necessari nello studio della dinamica dei litorali e delle opere di protezione), gli effetti scala assumono particolare rilevanza, tanto da rendere necessaria la riproduzione dei prototipi in scala molto grande. Da qui l’esigenza di disporre di vasche di grandi dimensioni. A titolo di esempio, nella foto accanto è riportato un modello di scogliere realizzato di recente nella vasca per modelli costieri del LIC, le cui dimensioni sono 90*50 m, con una profondità di 1.2 m.

Pare pertanto opportuno, prima di procedere alla costruzione di opere marittime di un certo rilievo procedere alla ottimizzazione prima mediante modelli matematici e dopo, se le condizioni lo consentono, utilizzando la modellistica fisica che può fornire risposte consistenti sia sull'efficacia dell’intervento, sia su possibili alterazioni indesiderate del regime del litorale, altrimenti non prevedibili.

A conclusione di questo intervento, ritengo opportuno segnalare le recenti tendenze nel campo degli interventi di protezione costiera. Se infatti è vero che le soluzioni fin qui proposte per contrastare il fenomeno dell’erosione costiera hanno spesso determinato un notevole impatto ambientale, è altrettanto vero che chi opera nel settore ha obbligo di fare della questione ambientale il suo credo professionale. Non si può quindi accettare che tutte le situazioni di dissesto vengano affrontate facendo ricorso a massicce strutture, così come spesso accade in Italia. Come uscire dunque da questo empasse?

Innanzitutto ricordando che l'ambientalismo moderno impone la ricerca di uno sviluppo sostenibile. Se dunque è necessario ricorrere ad antiestetiche barriere per ottenere un'adeguata protezione delle coste, si deve accettare la loro presenza, ricorrendo a tecniche progettuali che riducano al minimo il loro impatto ambientale.

In secondo luogo si devono stimolare i tecnici del settore affinché ricerchino soluzioni che, anche a fronte di una maggiore complessità ed eventualmente di un maggior costo, garantiscano gli stessi risultati con un minore impatto.

Quanto su enunciato non è pura teoria, ma è suffragato da un'analisi delle analoghe situazioni riscontrate in altri paesi europei, che, come l'Italia, fanno delle spiagge un elemento di grande richiamo turistico.

In Spagna, ad esempio, si fa molto ricorso alle "ricariche artificiali delle spiagge" che consiste nel rimpiazzare la sabbia asportata dalle mareggiate seguendo opportuni accorgimenti e sottoponendo le spiagge a continui monitoraggi e ad una attenta gestione.

In Danimarca, di recente, si è sviluppando una nuova metodica nota con il nome di drenaggio delle spiagge, grazie alla quale si è ottenuto non solo di arrestare il processo di erosione, ma addirittura in taluni casi di accrescere la spiaggia. Questo sistema ha un impatto ambientale nullo e le sue parti essenziali sono tutte interrate e quindi non producono alcuna alterazione del paesaggio. In sostanza il sistema è costituito da una tubazione drenante da interrare sulla spiaggia parallelamente alla linea di riva e ad una profondità di poco inferiore al livello medio del mare. L'acqua drenata viene allontanata dalla spiaggia mediante una pompa; essa può essere reimmessa in mare, oppure utilizzata per altri scopi. Si deve infatti sottolineare che, trattandosi di acqua di mare filtrata dalla spiaggia, essa può essere idonea per una serie di scopi quali l'alimentazione di impianti ittici, ovvero di piscine, ecc. Il funzionamento dell'impianto durante le mareggiate consente di depositare la sabbia trasportata in sospensione dalle onde sulla zona di battigia. Senza entrare nel merito dei meccanismi fisici di funzionamento, si osserva che il deposito della sabbia garantisce un innalzamento della spiaggia ed un suo avanzamento verso il mare.

Sull'argomento, grazie anche all'iniziativa di ricercatori del Politecnico di Bari, sono stati compiuti numerosi passi avanti, tanto che l’Italia può essere annoverata fra i paesi dove maggiori sono le conoscenze sull'argomento. Le esperienze di laboratorio (condotte presso il Laboratorio di ricerca e Sperimentazione per la Difesa delle coste), nonché gli impianti pilota fin qui realizzati e/o progettati in Italia (Ostia, Procida, Ravenna, Alassio, ecc.) renderanno disponibile nel breve periodo una casistica piuttosto significativa.

Ciononostante, sebbene i risultati ottenuti siano molto incoraggianti, il drenaggio delle spiagge è da considerarsi ancora in fase sperimentale. Abbiamo dunque due opzioni in merito: o aspettare che i ricercatori stranieri pervengano a risultati definitivi (il che vuol dire aspettare anni e nel frattempo assistere passivamente alla distruzione delle nostre spiagge) oppure incentivare la realizzazione di nuovi impianti che confermino l'adattabilità del drenaggio alle spiagge pugliesi.

Riteniamo che si debba senz'altro seguire questa seconda strada, poiché siamo convinti che la Regione Puglia debba porsi all'avanguardia nel settore della protezione delle coste anche con iniziative di ricerca applicata ed  innovativa, perseguendo sulla strada di collaborazione con le istituzioni di ricerca già da anni intrapresa.

Per questa ragione sono stati condotti studi specifici sul litorale pugliese, al fine di individuare siti idonei per installazioni di drenaggio. Fra le zone indagate, quella su cui sono state effettuate le analisi più approfondite ricade nel comune di Otranto, in prossimità dei laghi Alimini, dove si è riscontrata una situazione idonea per provare il drenaggio delle spiagge.

L'area individuata è di particolare pregio dal punto di vista ambientale e turistico. Purtroppo le spiagge, una volta ampie e suggestive, si presentano oggi assai compromesse. In alcune zone la spiaggia è completamente sparita e l'aggressione del mare si è già spostata sulle dune, in parte franate.

In conclusione si può affermare che il problema dell’erosione costiera, sempre più emergente sui nostri litorali, può e deve essere affrontato in modo efficace solo disponendo di un notevole bagaglio di conoscenze tecniche e scientifiche e di dati di monitoraggio che aiutino a comprendere le dinamiche dei litorali in atto. Solo a queste condizioni è possibile procedere alla progettazione di interventi che non feriscano eccessivamente l’ambiente. Spesso può risultare assai conveniente far ricorso alla modellistica fisica a supporto della progettazione, specie in quei casi dove le conoscenze scientifiche e la simulazione numerica non forniscono ancora risposte definitive.

Tutte le su menzionate azioni richiedono un notevole impegno finanziario che certamente ricadere sulla collettività, ma che dovrà necessariamente coinvolgere i beneficiari di concessioni che, in assenza di opere di protezione, potrebbero essere i primi soggetti colpiti. A tal proposito si deve segnalare l’interesse tangibile, già manifestato da molti concessionari, a provvedere alla protezione del litorale di propria competenza. Questo interesse va incanalato su giusti binari a cura delle Pubbliche Amministrazioni, infatti, come si è più volte ripetuto, solo attraverso interventi coordinati che non guardino all’interesse locale, bensì a quello più ampio di un intero arco di costa, sarà possibile il rischio di cattivo funzionamento delle opere, con la conseguenza di rendere vani gli sforzi finanziari e/o, peggio, di produrre danni maggiori di quelli preesistenti.

Leonardo Damiani

Dipartimento di ingegneria delle acque e di chimica - Politecnico di Bari