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L. Tunesi - Biodiversità e aree marine protette: necessità di dare  organicità  alle iniziative nazionali, europee e mediterranee.

L’estrema importanza della diversità biologica è ormai riconosciuta a scala planetaria e la Convenzione sulla Diversità Biologica, firmata a Rio De Janeiro nel 1992, costituisce uno degli impegni politici di maggior rilevanza a livello mondiale per la conservazione ambientale. Le minacce alla biodiversità del Mediterraneo sono ascrivibili a cinque principali categorie: perdita di habitat, intenso sovra-sfruttamento delle risorse, inquinamento e sedimentazione, introduzioni di specie, cambiamenti climatici. Numerosi accordi internazionali riconoscono alle aree marine protette (AMP) un ruolo chiave per la conservazione dell’ambiente marino, per favorire l’uso sostenibile delle risorse marine e contrastare efficacemente la perdita di biodiversità.

Le AMP svolgono un ruolo strategico perché sono “strumenti ideali” per rispondere a tre necessità prioritarie per lo sviluppo sostenibile delle aree costiere e marine: conservare la biodiversità marina, mantenere la produttività degli ecosistemi e contribuire al benessere economico e sociale delle comunità umane. Infatti l'istituzione di AMP, se condotta su basi corrette, è l’anello trainante del processo d’integrazione tra le esigenze di protezione delle risorse e quelle di sviluppo, assicurando un miglioramento nella qualità della vita delle popolazioni rivierasche e la presenza di strutture idonee a diffondere l'idea di una più profonda conoscenza e di un maggior rispetto dei sistemi naturali.

L'Unione Europea è pienamente conscia della specificità della “realtà marina” in materia di conservazione e del ruolo importantissimo delle aree protette marine, considerate strumenti chiave per perseguire efficacemente gli obiettivi del Piano d’Azione per la Biodiversità.  La CEE, con la Direttiva Habitat (92/43/CEE), ha previsto la creazione di una rete ecologica europea coerente di Zone Speciali di Conservazione (ZSC), denominata “Natura2000”, per conservare la biodiversità considerando nel contempo le esigenze economiche, sociali, culturali, regionali e locali, e riconoscendo il valore della presenza storica dell’uomo e delle sue attività tradizionali. La Direttiva prevede che gli Stati Membri o, in casi eccezionali, la stessa Comunità Europea, designino specifiche aree protette, Siti di importanza Comunitaria (SIC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS, in riferimento a quanto stabilito dalla Direttiva Uccelli Selvatici 79/409/CEE). I siti marini designati complessivamente dai 27 Stati Membri sino al mese di giugno 2008, sono costituiti da 1.238 SIC (128.969 km2) e 537 ZPS (Direttiva Uccelli per complessivi 83.781 km2) (ETC/BD, 2008). In questo ambito, i dati complessivi relativi all’Italia sono i seguenti: 255 SIC (5.368 km2) e 45 ZPS (4.036 km2).

L’idea di “Rete Natura2000” richiede la creazione di un sistema di aree protette in grado di concretizzare la conservazione degli habitat e delle specie prioritarie mediante l’istituzione di ZSC allocate in modo organico e funzionale a scala locale, nazionale, di mare, europeo. Il raggiungimento di questo obiettivo, anche solo a scala nazionale, è molto impegnativo. 

In Italia l’istituzione di zone marine protette nazionali a fini conservazionistici è prevista a partire dalla legge 979/1982 “Disposizioni per la Difesa del Mare”, seguita nel 1991 dalla Legge 394 e da successive. Per questo motivo, nel 1992, anno di pubblicazione della Direttiva Habitat, l’Italia disponeva già di un quadro normativo in materia di aree marine protette (AMP) che, ad oggi, ha portato all’individuazione di oltre 51 aree marine di reperimento, all’istituzione di 25 AMP, ed alla ratifica dell’accordo per il Santuario Pelagos, per la protezione dei Cetacei. Nel contempo Natura2000 è diventata una “realtà parallela” a quella costituita dalle AMP italiane, con procedure proprie, definite sulla base di quanto previsto dalla Direttiva europea, e con la conseguente mancanza di un raccordo organico tra le ZSC e quanto previsto dalla normativa nazionale in materia di AMP. Questa carenza evidenzia la chiara necessità di soluzioni normative in grado di dare maggiore organicità ed efficacia alla protezione della biodiversità marina a livello nazionale e, a questo proposito, l'Italia potrebbe ispirarsi a quanto fatto da altri Stati dell'Unione quali, ad esempio, Germania e Gran Bretagna.

La creazione di Rete NATURA2000 è un processo ancora pienamente in corso e l'esempio di quanto realizzato da altri Stati europei deve stimolare l’Italia a superare la situazione attuale. Il nostro Paese deve essere in grado di mettere a sistema le diverse tipologie di aree protette marine, integrando in modo organico quanto previsto a livello nazionale ed europeo con le valenze conservazionisti che propriamente mediterranee che trovano specifico riscontro nel quadro di quanto definito dalla Convenzione di Barcellona.

 Dott. Leonardo Tunesi - ISPRA - Via Casalotti, 300 – Roma, Italia - leonardo.tunesi@isprambiente.it