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Igidio Ibba - Progetto Iprite: Le armi chimiche nel basso Adriatico

Nel luglio del 1999 l’Impresub di Trento, società italiana leader nel settore delle prospezioni sottomarine, ha eseguito nel Basso Adriatico, su incarico dell’ICRAM e quindi del Ministero dell’Ambiente, la prima campagna di rilevamento volta alla focalizzazione ed alla ispezione di ordigni bellici a carica chimica, denominata appunto A.C.A.B.: Armi Chimiche Affondate e Benthos.

Si tratta di bombe risalenti alla seconda guerra mondiale, affondate a più riprese dagli italiani e da truppe di altre nazioni contendenti, nelle acque dei maggiori porti pugliesi e soprattutto al largo della costa fino a profondità rilevanti, per un totale stimato di oltre 20.000 tonnellate di ordigni a carica chimica di varia natura e potenza. L’aggressivo più spesso utilizzato in tale contesto e costituito dall’Iprite detto anche “gas mostarda” per il suo caratteristico odore, ben noto ai pescatori pugliesi che nei decenni successivi al conflitto e fino ai nostri giorni, hanno più volte sperimentato sulla loro pelle gli effetti altamente ustionanti e talvolta letali di queste sostanze che, immagazzinate negli involucri allo stato liquido, si sprigionano sotto forma di gas una volta a contatto con 1’aria.

E’ proprio sotto la spinta dei pescatori baresi e molfettesi che si e giunti alla esecuzione di questa prima campagna che, prima delle auspicate attività di bonifica, aveva come scopo principale quello di sperimentare e mettere a punto una metodologia di ricerca, ispezione e campionamento, estesa ad un’area di test ampia dieci miglia quadrate. Tale area, posizionata a circa 35 miglia da Molfetta, e stata definita sulla base delle informazioni acquisite dagli stessi pescatori.

L’Impresub, ha messo a punto il metodo e le tecnologie necessarie per le indagini sulla base delle numerose esperienze acquisite nel settore delle prospezioni sottomarine, delle bonifiche e dei recuperi; ne ricordiamo uno per tutti, que11o del relitto della motovedetta albanese affondata tragicamente col suo carico di profughi ne1 1997 ne1 Canale d’Otranto alla profondità di 800 m; operazione che, per le tecnologie innovative impiegate costituisce a tutt’oggi un record imbattuto.

Allo scopo di conoscere nel dettaglio la morfologia de1 fondale ne11’area d’indagine, e stato inizialmente utilizzato i1 sistema di rilievo “Multibeam Echosounder” e quindi, una volta nota la batimetria nel dettaglio, e stata eseguita la ricerca vera e propria, per la quale sono stati impiegati congiuntamente un sistema d’indagine superficiale (il Side Scan Sonar) ed uno stratigrafico (il Sub Bottom Profiler) entrambi a tecnologia »Chirp», ed un sistema magnetometrico dell’ultima generazione del tipo al Cesio.

La ricerca e stata portata avanti coi sensori trainati in prossimità del fondo per linee parallele a totale copertura dell’area assegnata, consentendo grazie all’analisi computerizzata e correlata dei tre strumenti – sonar – sub bottom – magnetometro, di localizzare ben 102 bersagli, che sono stati interpretati e classificati dai tecnici dell’Impresub in relazione al grado di probabilità di corrispondere alle bombe oggetto della ricerca.

Una volta mappati, i bersagli ritenuti più importanti sono stati ispezionati con un veicolo subacqueo filoguidato, in grado di raggiungere la profondità di 900 m ed equipaggiato con sistemi di controllo della quota e della rotta, di sonar, di posizionamento acustico e di telecamere ultrasensibili per operare in ambienti con scarsa luminosità.

Il veicolo – un ROV di classe media - e stato inoltre dotato per 1’oecasione di strumenti di rilievo (magnetometro) e di campionamento (bottiglia per il prelievo dell’acqua e benna per quello di sedimento).

Le ispezioni sui bersagli hanno consentito di verificare 1’effettiva presenza di numerosi ordigni, dimostrando cosi la validità del metodo adottato: nell’area assegnata sono state infatti localizzate, fotografate e filmate 11 bombe a carica chimica, alcune delle quali con 1’involucro fortemente deteriorato, con evidenza del contenuto, parzialmente disperso. Allo scopo di verificare lo stato d’inquinamento dell’ambiente circostante, i campionamenti sono stati eseguiti nelle immediate vicinanze degli stessi residuati bellici. Oltre agli ordigni a carica chimica, sono state localizzate anche 3 bombe d’aereo a carica convenzionale, queste apparentemente integre grazie allo spessore maggiore del metallo, nonché numerosi altri ordigni (18),  non ispezionati.

All’occhio del profano la vita circostante sembra non accusare la presenza delle bombe chimiche, in alcuni casi elette a dimora da pesci e da numerose colonie di varie specie bentoniche. Spetterà agli esperti dell’ICRAM analizzare i risultati sotto 1’aspetto biologico e valutare i reali pericoli che incombono nella zona per 1’ambiente marino, per il suo ciclo biologico e di conseguenza per l’uomo.

La prima campagna A.C.A.B. ha quindi centrato in pieno gli obiettivi preposti. Alla luce dei chiari risultati ottenuti e delle legittime aspettative di sicurezza dei marittimi locali, la prossima azione dovrà necessariamente considerare un’indagine a largo raggio e quindi 1’auspicata definitiva bonifica dei fondali dal pericolo chimico. Dopo oltre 50 anni dagli eventi bellici, la parola decisiva spetta ora ai politici.

Egidio Ibba Responsabile Operazioni Impresub