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Giuseppe Cognetti - Attivita’ offshore e compatibilita’ ambientale nel mediterraneo

La salvaguardia di aree che sono al centro di molteplici interessi economici richiede l’applicazione delle regole di gestione integrata in modo che vengano tenute in considerazione le esigenze delle varie attività al fine di rendere minimi i livelli di conflittualità. Questo tema di grande importanza  nel Mediterraneo e in particolare in Adriatico, dove le attività offshore devono essere compatibili con le necessità del turismo, della pesca e dell’acquacoltura, è oggetto di grande attenzione da parte della Offshore Mediterranean Conference (OMC) istituita nel 1995 a Ravenna che come è noto è il principale centro di estrazione di idrocarburi del Mediterraneo. L’OMC favorisce incontri e dibattiti con le istituzioni scientifiche internazionali, il mondo politico e amministrativo e le compagnie petrolifere, sulle attività estrattive e di trasporto degli idrocarburi e sui molteplici problemi relativi alla compatibilità ambientale ed economica locale.

L’OMC ha rilevato che mentre nell’area della Convenzione Oslo-Parigi sono state avviate politiche altamente innovative tese a ridurre al minimo i pericoli all’ambiente da parte delle attività esplorative ed estrattive delle compagnie petrolifere, simili iniziative non sono state prese per il Mediterraneo. Pertanto, nell’ambito del suo ultimo congresso tenutosi a Ravenna nel 2002, è stata organizzata una specifica sezione su questo tema con esperti di vari paesi dove si è trattato delle ricerca di giacimenti, delle piattaforme e delle metodologie di monitoraggio e disinquinamento. In questo contesto sono state discusse le politiche ambientali messe in atto dai vari paesi e sono stati forniti utili dati sugli interventi protettivi.

E’ stato preso in considerazione il destino delle piattaforme offshore al termine della loro utilizzazione. Come è noto i piloni costituiscono un habitat artificiale di fondi duri che attrae moltissime specie anche di interesse commerciale per cui si creano comunità biologiche diverse da quelle originali soprattutto quando i fondali su cui poggiano tali strutture, sono fangosi o sabbiosi.  

Si avvantaggiano nell’area particolari attività di pesca ma la comunità biologica originaria viene alterata. E’ questo un problema di attualità poiché per molte piattaforme abbandonate si devono prendere decisioni sul loro destino: non si può infatti stabilire a priori che portano vantaggio alla pesca e non hanno conseguenze negative sugli habitat originali, come evidentemente viene sostenuto da chi non è interessato alla loro rimozione, ma si deve operare in base a sicure conoscenze ecologiche tenendo conto della importanza naturalistica dell’area.

Un  altro argomento di fondamentale rilevanza è quello relativo ai recenti metodi di monitoraggio che permettono di determinare con notevoli margini di sicurezza il grado di inquinamento e di prevedere il potenziale impatto ecologico delle perdite di idrocarburi in mare. Queste metodologie includono l’analisi di parametri a partire dal livello molecolare e cellulare (i cosiddetti biomarkers) fino ai più alti livelli dell’organizzazione biologica. I biomarkers sono risposte che indicano la sensibilità degli organismi per uno specifico tipo di inquinante e la verifica precoce di conseguenze biologiche deleterie. L’applicazione pratica comprende il monitoraggio dell’impatto ambientale durante le attività operative in modo da valutare il loro impatto sull’ambiente  e l’efficacia delle procedure di sicurezza. Analizzando i cambiamenti nel numero e nella distribuzione delle specie, l’impatto ambientale può essere stabilito in termini di conservazione della biodiversità, funzionamento dell’ecosistema e produttività. I costi-benefici dell’uso delle risposte biologiche comprende costi più bassi per le industrie e un più razionale accertamento dell’impatto ambientale.

I risultati raggiunti dall’OMC-2002 e le raccomandazioni per una appropriata gestione delle attività offshore mediterranee  sono state recepite dai rappresentanti dei competenti ministeri dei vari paesi ed anche dalla Regione Emilia Romagna che si adopera affinché la politica ambientale riguardante il mare segua le linee scaturite da queste recenti acquisizioni.       

Giuseppe Cognetti

Presidente Comitato Scientifico Mareamico