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Giulio Rossi Crespi - Il piano territoriale della provincia di Napoli come linea di indirizzo per la valorizzazione del sistema del Golfo

OBIETTIVI DEL PTCP

                Per governare l’area metropolitana di Napoli si dovrà fare ricorso a politiche passanti per le linee esterne; e questa volta non stimolando ulteriori fenomeni di colonizzazione ma proponendo il patrimonio di risorse di Napoli e del suo territorio (residue ma ancora ineguagliabili) all’attenzione di operatori che agiscono a grande livello e nell’ambito di una domanda di mercato di scala internazionale.

                Alcune parole chiave per chiarire questo concetto: Ischia /Capri, il Vesuvio, i Campi Flegrei, Positano, le Terme Stabiane, Pompei, Ercolano e Sorrento: una toponomastica suggestiva fortemente evocativa, che da sola dovrebbe bastare per polarizzare l’interesse di operatori, di strutture politiche e culturali di scala mondiale.

                Su questa base si profilano le linee strategiche che potranno determinare la politica della Provincia e creare – per così dire – il “marchio di fabbrica” delle sue azioni in tema di assetto del territorio.

  1. L’occupazione

In questo periodo, il tema centrale di ogni programma o piano – soprattutto in un’area come quella della Provincia di Napoli – deve essere quello di creare moventi, situazioni spaziali e funzionali che concorrano a fronteggiare la disoccupazione e a fornire motivi di ispirazione per il rinnovamento della politica dell’impiego.

Tre aspetti di questo problema possono influire sulla costruzione degli indirizzi del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia:

  1. il recupero del sistema industriale dismesso: il PTCP dovrà delineare strategie complessive per sistemi, scoraggiando la tattica dei “rammendi” caso per caso. Attualmente, invece, gli Enti Locali e le Aziende tendono a rincorrere la ricostruzione “dov’era e com’era” di un tessuto produttivo ancora più’ fragile e devastante di quello originale.
  2. La mobilità intersettoriale – oltre che geografica – delle forze di lavoro: il piano dovrà suggerire opportunità sulla base di strategie differenziate per la migliore valorizzazione del potenziale di risorse fisiche ed umane individuabili nelle varie zone del territorio provinciale.
  3. Le tecniche da sviluppare per la creazione di competenze professionali specifiche e trasferibili (o esportabili) anche fuori del territorio provinciale per inserire il sistema produttivo napoletano in circuiti di vasto raggio. Un esempio: sta aumentando a scala nazionale (ma anche internazionale) la domanda di competenze in vari settori del recupero, del restauro, della rivitalizzazione del patrimonio edilizio tradizionale e storico: si tratta di formare e di immettere sul mercato un vasto contingente di esperti, di operatori e di aziende specializzate in queste attività.

Su questi punti è proponibile – proprio come una delle finalità del PTCP – una convergenza di azioni politiche ed educative che potranno avere come denominatore comune la costituzione di organismi di promozione operanti su scala regionale e/o mediterranea.

                Un tema da inserire nei programmi di qualcuno dei Patti Territoriali già operanti o in via di costituzione.

 

  1. Il Territorio e la sua Cultura

I Beni archeologici innanzitutto, ma anche il tessuto di centri storici, di fattorie borboniche, di sequenze di spazi agricoli residenziali storici costituiscono la base indispensabile di risorse per riconquistare l’identità dei contesti sociali (così vari ed articolati) distribuiti sul territorio provinciale. Ciò richiede da parte dell’Amministrazione, ma anche dalle forze imprenditoriali, procedure di governo coraggiose, radicali, da inquadrare in un panorama di scala mediterranea e in ampi orizzonti temporali.

Occorre promuovere il recupero di un territorio già tutto consumato: si deve puntare sulla riduzione dei consumi del suolo; al miglioramento delle strutture insediate esistenti ed ad una riorganizzazione spaziale delle dotazioni urbane di uso giornaliero (percorsi fra luoghi di lavoro, scuole, attività commerciali e ricreative, comunicazioni, informatica e così via). Un tema che dovrà vedere impegnate le forze politiche e culturali di quest’area in un sistema molto complesso e delicato di interrelazioni fra amministratori,studiosi, e imprenditori, in un difficile conflitto con un’opinione pubblica disorientata e condizionata da speculazioni spesso gestite dalla malavita organizzata.

 

  1. La Protezione Civile

Il Piano Territoriale di Coordinamento va concepito soprattutto (e innanzitutto) come un piano di protezione civile: le aree a rischio vulcanico e sismico coprono una gran parte del territorio; le condizioni di vulnerabilità dei sistemi urbani e produttivi, delle reti di infrastrutture rilevabili nell’area sono ampiamente enfatizzate dalla congestione oltre che dalla sconfortante inadeguatezza del livello di reciproca fiducia e di dialogo fra cittadini, istituzioni e strutture scientifiche.

                Anche questo è un tema che può essere proposto all’attenzione di organismi e strutture di ricerca nazionali e sovranazionali e divenire l’oggetto di ricerche ed interventi da proporre agli organismi Comunitari ed internazionali (UNCHS, UNEP).

Conseguentemente: valutare e controllare la vulnerabilità del territorio. Per un contesto territoriale come quello della Provincia di Napoli (dichiarata fin dal 1987 “area ad elevato rischio di crisi ambientale”), caratterizzato, purtroppo, da una complessa sovrapposizione di fattori rischio, sia di carattere naturale (sismico, vulcanico, idrogeologico) che antropico (industriale, da congestione, ecc.), qualsiasi ipotesi di intervento deve necessariamente considerare, in maniera prioritaria, l’esigenza di non accrescere –e cercare semmai di diminuire- il carattere diffuso di “vulnerabilità” del territorio provinciale.

La suddivisione classica in “rischi naturali” e “rischi antropici” (come si dice) appare almeno insoddisfacente; se lo si utilizzerà in questo nostro documento sarà soltanto per convinzione e per semplicità concettuale. E’ comunque indispensabile definire una griglia di criteri utili a valutare la coerenza, l’efficacia e l’impatto ambientale delle iniziative, dei progetti infrastrutturali, degli strumenti urbanistici e di tutti gli interventi che verranno di volta in volta proposti.

IL RUOLO DI REGIA DELLA PROVINCIA

Porre le basi istituzionali e tecniche per mettere l’Amministrazione Provinciale in grado di sostenere il ruolo di mediazione, contrattazione e di promozione (ma anche di partecipazione attiva) nello sviluppo di iniziative di ampia scala. Da questo punto di vista, oltre all’auspicata e indispensabile revisione della legislazione urbanistica, fino alla piena attribuzione di deleghe amministrative, è di fondamentale importanza costituire una base di dialogo con la Regione e con le altre Province per coordinare ma soprattutto gestire congiuntamente la promozione di grandi interventi organici e di progetti comunitari (sulla linea dei Pop e dei Programmi Strutturali in genere):

LE ALLEANZE PER UN RUOLO MEDITERRANEO DI NAPOLI

Ricostruire un’identità culturale, convergenza di interessi ed alleanze nel contesto sociale ed imprenditoriale della Provincia.

Dal punto di vista strategico, ciò potrà essere realizzato soprattutto cercando di valorizzare il ruolo di Napoli nel sistema mediterraneo. In pratica si tratta di aprire la strada per collaborazioni, questa volta contratte, sistematiche e permanenti, con strutture o Agenzie internazionali e organismi di Governo centrale, dell’U.E., di altre istituzioni identificando obiettivi e contenuti di progetti integrati di “area vasta” proponibili per il loro sviluppo e la loro realizzazione in un ambito di interessi di scala mediterranea. Il disegno, basato su una partecipazione scientifica e/o finanziaria di vasto respiro, dovrà essere quello di accelerare l’inserimento degli interessi del contesto aziendale napoletano nell’area della cosiddetta “Global Economy”.

Il processo di “globalizzazione” dell’economia viene spesso interpretato come interesse esclusivo per i grandi gruppi imprenditoriali e finanziari. Nell’immagine corrente la Fiat o le banche internazionali o le multinazionali vengono pensati come gli interlocutori privilegiati di un processo di “globalizzazione”. E invece, va considerato e potenziato proprio il ruolo che la piccola industria, l’artigianato creativo ed evoluto, gli operatori turistici, soprattutto se consorziati ed organizzati possono giocare in un contesto in cui i flussi di scambi e di comunicazioni si articolano su reti di portata internazionale ed intersettoriale.

Sempre in questa direzione, la Provincia si propone per assistere con contributi tecnici ed organizzativi, l’avvio di un’applicazione concreta delle procedure di “project financing” coinvolgendo strutture pubbliche ed operatori privati.

Già oggi, su questo terreno si delineano alcune opportunità: in germe, i Comuni dell’area metropolitana tendono a “fare quadrato” ed ad affrontare con una visione più ampia del consueto taglio municipale molti problemi di assetto del territorio. Nascono e si sperimentano accordi dio programma, patti territoriali, politiche concertate: un fenomeno nuovo nell’area della Provincia e una buona base per una politica socio –economica di largo respiro.

I RAPPORTI CON L’UNIONE EUROPEA 

Secondo le indicazioni del Quadro Comunitario, le azioni di sostegno da parte dell’U.E. nello sviluppo locale presuppone (obiettivo 1):

  1. l’esistenza di un ampio partenariato tra gli agenti locali dello sviluppo pubblici e privati;
  2. la definizione di un progetto o di una strategia globale mediante la fornitura di pacchetti organici ed integrati;
  3. la combinazione delle strategie locali con gli orientamenti settoriali ed i programmi di infrastrutture nazionale e regionali.

Si tratta di avviare progetti pilota ed interventi sperimentati su vasta scala per valorizzare  i contributi culturali ed economici che possono determinare un ruolo di protagonista di Napoli su questi temi.

Valga per tutti l’esempio di una iniziativa che può divenire una sorta di “tutore” (usando un termine preso a prestito dal giardinaggio) del Piano Territoriale : si tratta del programma “TERRAPOSIDONIA” predisposto dall’Amministrazione Provinciale e recentemente approvato e finanziato dalla D.G. X. V. I. dell’U.E. . Il programma prevede un partenariato con l’autorità metropolitana di Atene; col Comune di Barcellona, con i Comuni di Napoli, Taranto  e Palermo; con l’Autorità Portuale di Napoli. Molti Comuni costieri hanno confermato l’interesse a partecipare a questo programma. Predisporre una linea strategica per l’impiego di finanziamenti comunitari crea, dunque, generali condizioni: di coerenza ed organicità di programmi anche rispetto alle necessità di integrazione tra politiche locali e strategie di intervento nazionale e regionale.

Il Progetto Posidonia propone tecniche innovative e sperimentali di gestione delle aree costiere e svilupperà la collaborazione con altre città italiane (Taranto e Palermo) ed europee (Atene e Barcellona) sulla linea della concertazione sui metodi e sulle iniziative da sviluppare in successive linee di azione finanziabili con fondi comunitari. Il Progetto è impostato sui principi della pianificazione strategica e costituirà una base per sviluppare confronti e linee di azione  a scala mediterranea: un’occasione per mettere a fuoco le prospettive di sviluppo dell’area napoletana in un quadro allargato. In particolare, prevede anche un costante confronto fra varie situazioni istituzionali e lo studio congiunto di possibili tecniche di finanziamenti a scala internazionale.

Su questa linea si potranno attivare e valorizzare anche i rapporti che il PTCP avrà con quelle sponsorizzate e finanziate dall’Unione Europea (Programma TERRAPODIDONIA, ma anche Raffaello, LIFE e così via).

IL PTCP COME SISTEMA DI PROGETTI

Oggi, l’area provinciale di Napoli è in buona parte sepolta da una informe calotta urbanizzata che si è venuta sviluppando senza alcun controllo. Inoltre  la famosa rete idrografica borbonica che formava l’impalcatura delle aree interne rurali è ridotta a relitto; i canali sono ormai in gran parte  “tombati”, cementificati e  inquinati.

Le reti di infrastrutture viarie sembrano disegnate al di fuori di ogni logica plausibile e spesso riflettono inequivocabilmente soltanto la facilità con cui le imprese costruttrici hanno ottenuto appalti per realizzare faraonici svincoli e viadotti a più livelli con evidenti ed incalcolabili profitti. Gran parte  delle opere viarie progettate nello scorso decennio sulla base della L. 219/81 per far fronte alle esigenze di evacuazione in situazioni di emergenza sono ancora realizzate solo parzialmente e, malgrado non siano ancora aperte al traffico, hanno già un aspetto obsoleto. Si è venuto via via formando un paesaggio dai contorni incerti nel quale sono chiaramente leggibili i prodotti di un abusivismo frenetico, di inaccettabili forme di colonialismo imprenditoriale e di superficialità dei gesti politici.

Pensare al recupero della qualità dell’ambiente e di un modello di organizzazione sociale, intesi secondo l’accezione convenzionale, è praticamente impossibile oggi. Lo spirito che dovrà animare le future linee di governo del territorio non può che essere ispirato a vigorosi criteri di intervento per progettare e costruire nuovi modelli di organizzazione del territorio, in qualche modo compensativi di quanto è stato devastato nel corso degli anni. Le conurbazioni, ma anche gli ambienti naturali, possono e, nel nostro caso, debbono essere reinventati con il coraggio progettuale e imprenditoriale che in un passato anche recente hanno radicalmente modificato la struttura e l’immagine di vaste regioni.

Con obiettivi del tutto diversi per categoria e contenuti, ma con risultati paragonabili per intensità degli effetti ottenuti sul contesto fisico e sociale, le reti di canali francesi e inglesi, i laghi del Tennessee Valley, le pinete costiere ravennati e toscane, i “waterfronts” statunitensi e i grandi interventi parigini o catalani, costituiscono altrettanti esempi di grandi gesti che hanno segnato epocali trasformazioni del territorio.

L’area della Provincia di Napoli ha bisogno di azioni caratterizzate da quel tipo di valenza e peso specifico.

La progettualità come asse portante delle azioni di governo del territorio: è un concetto chiave sul qual ci si dovrà poter muovere con scioltezza sfumando i confini che delimitano la pratica dell’architettura, dell’ingegneria, dell’urbanistica, delle scienze regionali.

Le tecniche urbanistiche convenzionali si basano sull’adozione di metodi basati su “standards” e su parametri derivanti da modelli confrontabili fra di loro e poi con la situazione in esame. Nell’area napoletana questo non è possibile: dove esiste (in Italia o fuori) un altro Comune con 70/80.000 abitanti su pochi Kmq (Casoria, S. Giorgio a Cremano)? Il PTCP si propone di sviluppare alcune linee strategiche da proporre come contributo alla nuova legge urbanistica che la Regione sta preparando.

Gli amministratori e gli imprenditori dovranno, intanto, poter operare sulla linea di criteri aperti, che capovolgano lo stereotipo consueto che definisce e impone (e limita, ad un tempo) il dimensionamento degli spazi di vita collettiva e di lavoro intendendoli come corredo accessorio delle conurbazioni residenziali e come risultante da un calcolo meccanico effettuato sulla base di parametri preconfezionati ed imposti.

In effetti, è invece proprio lo sviluppo residenziale che va visto come indotto dai sistemi di spazi collettivi che quindi vanno considerati come generatori primari dello sviluppo urbano.

In altre parole, le sequenze di servizi collettivi possono generare moventi per la riqualificazione ed il potenziamento delle funzioni residenziali e del mercato immobiliare in generale.

Su questi criteri è impostata la formula della “riurbanizzazione” di cui parleremo più oltre e che propone sostanziali interventi da attuare nelle sequenze urbane esistenti per creare linee di forza o, se si vuole, poderose impalcature di servizi sulle quali innestare processi di ricostruzione dell’identità delle conurbazioni. Si può tentare, come strategia fondamentale, quella che potremmo definire –con un termine preso a prestito appunto dall’edilizia –di “cuci - scuci” a scala urbanistica. In altre parole, si propone la selezione di aree prioritarie (all’inizio anche zone, centri o complessi di dimensioni ridotte) nelle quali procedere ad operazioni di riassetto  sulla base di progetti pilota dimostrativi: un “gioco dei Quindici” che, progressivamente, potrà impegnare le aree contigue fino ad interessare porzioni significative del sistema urbano in cui si attua, inserendo nelle conurbazioni sistemi di servizi, razionalizzando sistemi infrastrutturali e residenze

Gli interventi campione potranno, nelle fasi iniziali, interessare complessi di dimensioni contenute; i risultati diffusi dovranno però tendere progressivamente a ricostruire sistemi urbani organici e funzionanti per ricollocare sempre più i Comuni della Provincia in una autonomia di relazioni con Napoli città: in effetti su questa linea è impossibile individuare e realizzare la struttura della Città Metropolitana.

In definitiva, gli strumenti legislativi e regionali dovranno essere adeguate consentire soprattutto la progettazione e lo sviluppo per sistemi dotati di tutti i servizi intermedi, superiori, di infrastrutture, di provvedimenti per la mitigazione dei rischi che devono caratterizzare la vita urbana di livello metropolitano e la sicurezza degli abitanti.

Si dovrà tendere a sovvertire quel carattere di quartieri periferici di Napoli che hanno assunto queste sequenze e favorire lo sviluppo di una nuova identità urbana “ad hoc” per ognuna di esse, calibrandola sulle rispettive risorse e caratteristiche ambientali. Per realizzare un programma così vasto è indispensabile mettere in campo strumenti con una forte valenza istituzionale, paragonabile a quello che –pur con altri obiettivi –ha condizionato il governo del territorio della penisola Sorrentina.

LA “RIURBANIZZAZIONE” PER FAR FRONTE ALL’ABUSIVISMO ED ALLA CONGESTIONE URBANA

In definitiva il tema del “costruire nel costruito”. Corollario di questo tema è la strategia relativa al potenziamento dei fenomeni che concorrono a creare l’effetto – città,  con tutte le sue connotazioni d’immagine e di qualità della vita: in altre parole, un calibrato sviluppo della struttura degli usi territoriali controllando le prevalenti forme d’uso del territorio e la distinzione di ruolo; i diversi gradi di centralità degli insediamenti e del relativo potere polarizzante, governando la scomparsa o la conferma dei luoghi centrali ed il sorgere di nuove centralità.

È anche importante sottolineare che anche nelle zone a rischio una politica di riurbanizzazione, intesa come insieme di azioni volte alla decongestione ed alla riorganizzazione urbana, può generare occupazione specializzata ed un deciso incremento del valore patrimoniale degli immobili. In varie occasioni gli istituti di ricerca italiani ed europei hanno segnalato nel prossimo decennio un sostanziale regresso dell’attività edilizia in generale (-20%), ma sempre nello stesso arco di tempo, un significativo aumento della domanda (+35%) per competenze e tecnologie avanzate da impiegare nelle opere di adeguamento e recupero del patrimonio edilizio e dei sistemi urbani esistenti.

Giulio  Rossi Crespi