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G.Badino, F.Bona, A. Maffiotti - Un indice sintetico per il controllo della qualità dei sedimenti nella laguna di Venezia. Il caso del Lago dei Teneri

INTRODUZIONE

Le condizioni fisico-chimiche e biologiche del sedimento costituiscono un riferimento importante per valutare la qualità di un intero ecosistema acquatico ed in particolare di una laguna, ove i sedimenti rappresentano il compartimento d’accumulo della materia organica, dei nutrienti e degli inquinanti. Il sedimento può essere considerato un integratore nel tempo delle condizioni generali dell’ecosistema e come tale svincola il controllo ambientale dalle difficoltà indotte dalle fluttuazioni accidentali, giornaliere e stagionali dei parametri della colonna d’acqua.

Per valutare lo stato dei sedimenti è necessario adottare un approccio integrato, analizzando la loro composizione chimica e gli effetti che questa esercita sugli organismi, attraverso specifici test tossicologici di laboratorio e lo studio della struttura della comunità bentonica. Questo approccio ha ispirato la metodologia denominata Sediment Quality Triad , elaborata da  Chapman (per una descrizione dettagliata si veda  Chapman, 1990). Gli esempi di applicazione di questa metodologia sono molteplici (Chapman et al, 1983; Chapman et al., 1987) e si riferiscono ad ambienti costieri marini e d’estuario, prevalentemente lungo la costa occidentale del Nord America, nel Golfo del Messico e nella Chesapeake Bay.

Figura 1Schema dell’approccio “ Sediment Quality Triad ”

 

L’analisi chimica da sola non consente di valutare la reale pericolosità ambientale, che è legata principalmente alla effettiva biodisponibiità delle sostanze tossiche in relazione alla natura fisica della matrice, alla loro mobilità  ed agli effetti di antagonismo o di sinergismo (Landrum e Robbins, 1990).

Il criterio più idoneo per definire le conseguenze biologiche di determinati livelli di contaminazione dei sedimenti è la misura delle risposte prodotte da opportuni  bio-indicatori esposti, per un adeguato periodo di tempo, all’insieme dei contaminanti (saggio biotossicologico). L’approccio ideale alla valutazione tossicologica dei sedimenti dovrebbe comprendere una batteria di saggi biotossicologici condotti su differenti specie, rappresentative dei diversi livelli trofici, che nel complesso presentino un ampio spettro di sensibilità ai contaminanti ambientali (Chapman et al. 1992).  La qualità dei sedimenti deve comunque essere valutata attraverso l’integrazione dei dati chimico-tossicologici di laboratorio con le osservazioni di campo  sulle alterazioni della comunità bentonica in situ.

Uno studio integrato dei sedimenti lagunari, affrontato dai diversi punti di vista della Sediment QualityTriad, è stato effettuato in un’area interna della Laguna di Venezia, il lago dei Teneri,  sottoposta ad intervento di riqualificazione ambientale.

 

IL METODO

Per valutare la qualità dei sedimenti della laguna di Venezia è stato applicata, per la prima volta in ambito lagunare, una metodologia, indicata come “Habitat Evaluation System” (HES): nel caso di unità geografiche ben delimitate come il lago dei Teneri, indicazioni più significative si hanno infatti adottando indici ambientali sintetici (liste di controllo di scala e peso, weighting-scaling checklists).

L’ HES fa parte della famiglia dei metodi a funzioni d’utilità (Gisotti e Bruschi,1990) ed è stato sviluppato dal U.S. Army Corps of Engineers (Environmental Analysis Branch, 1980). Si richiama al cosiddetto “metodo Battelle” (Dee et al.1972, 1973) e ai lavori di L. W. Canter (University of Oklahoma,1979). Nelle sue linee generali il metodo HES consiste nel valutare la qualità di un habitat usando delle funzioni d’utilità che mettono in relazione la qualità con le caratteristiche biotiche ed abiotiche dell’ecosistema.

 

Le funzioni d’utilità (Utility Functions)

Primo passo nell’impiego del metodo è l’individuazione dei parametri più importanti per la valutazione dell’ambiente studiato. Per ogni variabile si costruisce una funzione d’utilità, che s’esprime portando in ascissa i valori della variabile e in ordinata i valori di qualità ambientale corrispondenti, in scala da O a 1 (IQH, Indice di Qualità dell’Habitat) : 1 rappresenta la situazione ottimale e 0 la situazione di massimo degrado. 

In letteratura siano già disponibili alcune di queste funzioni, che devono tuttavia essere calibrate attentamente per l’ambiente oggetto di studio, dopo l’analisi dei dati disponibili ed il ricorso al giudizio degli esperti.

Con la funzione d’utilità ogni valore della variabile registrato in campo può essere convertito nel corrispondente IQH (fig.2).

Le diverse variabili possono contribuire con pesi differenti alla definizione della qualità ambientale, perciò i relativi valori degli IQH vanno moltiplicati per fattori variabili da 0 a 100, che esprimono l’importanza di ciascuna variabile nel contesto ambientale considerato. Si ottengono così degli IQH pesati che possono essere sommati per dare il valore dell’IQH totale, che stima la qualità globale dell’ambiente. 

Per l’attribuzione dei pesi è utilizzabile il metodo del confronto a coppie tra variabili, che permette di  calcolare infine il peso finale di ciascuna dall’insieme dei confronti (Dean e Nishry, 1965). Le coppie di pesi sono attribuibili facendo  riferimento al parere di esperti (Hwang e Lin, 1987). 

Considerazioni sul metodo

E’ così possibile :

  • Quantificare e ponderare differenti fattori ambientali con tecniche standard, facilmente comprensibili ;
  • Inserire nell’analisi anche variabili qualitative, ad esempio il tipo di comunità bentonica;
  • Sfruttare la flessibilità del metodo in base al livello di dettaglio dei dati a disposizione e degli scopi del progetto e adattarlo ad ambienti differenti, calibrando opportunamente le funzioni d’utilità ed i pesi assegnati.

Un punto critico del metodo è la relativa soggettività delle curve e dei pesi scelti per ogni parametro. Le scelte si basano su indicazioni concordate da un gruppo di esperti (metodo Delphi) e sono supportate dalla letteratura, ma la loro estensione ad ambienti differenti richiede attente verifiche.

Partendo dalla validità dell’approccio integrato dato dalla Triade, già verificata nei precedenti utilizzi del metodo HES, si è ritenuto opportuno mantenere anche per la laguna di Venezia le tre componenti dell’analisi: chimismo e livello tossicologico dei sedimenti, stato della comunità bentonica. In aggiunta, ma previa adeguata pesatura, si considereranno alcuni dei più significativi parametri trofici. La pesatura dovrà considerare la diversa importanza di parametri come i metalli pesanti, che presentano elevata tossicità e persistono nell’ambiente per tempi estremamente lunghi, e i parametri trofici che presentano alti rischi di tossicità, ma anche evoluzioni nel tempo molto più rapide. Particolare attenzione deve essere prestata nell’attribuzione dei pesi, visto il numero diverso di parametri per gruppo, elevato per i parametri chimici, basso invece per le altre due categorie. Nel nostro caso, i pesi sono stati assegnati dopo aver cercato di definire la prevedibile influenza delle differenti categorie sul risultato finale.

Per la componente  tossicologica è stata allestita ex-novo la funzione d’utilità (fig.2)

 Il metodo applicato in questo studio associa all’analisi di parametri chimici indicatori dell’inquinamento organico ed industriale, a) una coppia di test tossicologici sui sedimenti e soprattutto b) una valutazione della complessità della biocenosi bentonica e della capacità autodepurativa del compartimento bentonico.

Quest’analisi integrata consente di pervenire ad un indice sintetico di qualità ambientale e di quantificare così l’impatto delle attività umane sul sistema lagunare e l’efficacia di eventuali progetti di recupero ambientale.

L’abitabilità dei sedimenti

Lo studio delle caratteristiche fisiche e biologiche dei sedimenti si effettua su immagini ottenute con la tecnica REMOTS (Remote Environmental Monitoring of the Seafloor), che utilizza una camera fotografica subacquea, modificata in modo da raccogliere l’immagine di una sezione dei primi 20 cm di sedimento. L’analisi computerizzata dell’immagine così ottenuta consente di ricavare indicazioni di natura chimico-fisica e biologica.

La camera fotografica, posta all’interno dello strumento in un comparto stagno, è dotata di filtri interferenziali. La penetrazione lenta del prisma, comandata da un pistone idraulico azionato dall’alto, non turba la struttura del sedimento, come fanno invece i normali carotatori o le benne. Il sedimento è a contatto diretto con il prisma, perciò la torbidità dell’acqua non limita mai la possibilità d’osservazione.

La camera è controllata da un temporizzatore automatico: da tre a cinque immagini sono registrate per ogni stazione. Ne possono essere fatte da 100 a 150 in una giornata di campionamento. L’analisi in laboratorio di un’immagine richiede una trentina di minuti.

Questa tecnica può essere applicata al monitoraggio sia dei fondali marini sottoposti a discarica di fanghi dragati sia degli ambienti acquatici interessati da inquinamento d’origine urbana, agricola e industriale (Rhoads et al., 1993). E’ stata da noi utilizzata in Italia a partire dal 1992 per il monitoraggio dei fondali della Laguna di Venezia condotto dal Consorzio Venezia Nuova. 

I dati raccolti

L’analisi del negativo fotografico ottenuto con la camera subacquea s’effettua usando un digitalizzatore ed un analizzatore a video capace di evidenziare 256 differenti gradazioni di grigio. Dell’immagine digitalizzata sono rilevate le seguenti caratteristiche

  1. Discontinuità apparente del potenziale Redox (Redox Potential Discontinuity, RPD).

Lo strato ossigenato a contatto con l’acqua ha un potere riflettente maggiore di quelli anossici sottostanti, data la presenza d’idrossido di ferro chiaro. Il confine tra la zona ossidata e quella riducente (RPD), intesa come apparente passaggio dai valori positivi a quelli negativi del redox, è rilevata dai vari toni di grigio dell’immagine digitalizzata e ne è misurata la profondità. In realtà, da misure sperimentali di calibrazione, l’RPD rilevato visivamente corrisponde ad un valore di redox di –100 mV, quindi è già compresa all’interno del potenziale negativo.

  1. Caratteristiche della biocenosi bentonica.

Secondo Rhoads et al. (1982 a, b) lo stadio della successione ecologica di una comunità bentonica è correlabile con fenomeni che interessano il fondale, come l’erosione o la deposizione di materiale, gli scarichi industriali e civili. Dall’immagine del sedimento è possibile riconoscere, oltre allo stadio azoico (0), gli stadi  I, II e III. E’ possibile riconoscere successioni secondarie dovute ad alterazioni rapide delle condizioni ambientali (erosione, depositi, scarichi organici).

 Gli organismi che vivono nei sedimenti sono responsabili del loro bio-rimaneggiamento (bio-turbation), che consente un ricircolo dell’acqua, uno scambio d’elementi e composti solubili con la superficie. Il fenomeno interessa il sedimento per soli 2-3  cm se la comunità appartiene al I stadio; si spinge fino ad oltre 20 cm con una comunità del III stadio (Rhoads e Germano, 1982). L’aumento degli scambi idrici con gli strati più profondi porta ad una maggiore concentrazione dell’ossigeno nelle acque interstiziali e mantiene potenziali redox più elevati e più elevata capacità autodepurativa   

Lo stadio I è rappresentato da specie pioniere, opportuniste e resistenti all’inquinamento che per prime colonizzano i sedimenti di nuova formazione o i sedimenti interessati da un recente disturbo, naturale o antropico. Si tratta in genere di piccoli oligocheti o policheti tubicoli (ad esempio Capitella sp.) che vivono nella parte superficiale del sedimento dove possono raggiungere densità di 105/ m2 entro un periodo che va da alcuni giorni ad alcune settimane dopo il disturbo; alternativamente, la colonizzazione può avvenire da parte del bivalve Mulinia lateralis (Rhoads e Germano, 1982).

Le specie pioniere caratteristiche dello stadio I  possono essere avvantaggiate da periodici e frequenti disturbi fisici del fondale; alcune specie sembrano essere addirittura attratte dall’idrogeno solforato liberato dal sommovimento del fondale.  Le specie pioniere che colonizzano un fondale disturbato possono variare in dipendenza dalla composizione del substrato, dal carico inquinante e dall’intensità del disturbo (Rhoads e Germano, 1982).

Lo stadio II costituisce una fase di transizione caratterizzata da dense popolazioni di bivalvi (frequentemente del genere Tellina) o di anfipodi tubicoli. Questi organismi, più frequenti in mare aperto, compaiono quasi unicamente a fine estate e all’inizio dell’autunno e comunque per brevi periodi.

Lo  stadio III, infine, rappresenta la condizione di equilibrio. La biocenosi è costituita da organismi di maggiori dimensioni, infossati nel sedimento profondo : alcuni sono tubicoli (es. policheti della famiglia Maldanidae), ma molti altri sono mobili. Presentano una strategia riproduttiva di tipo K e richiedono perciò fondali non disturbati da periodici rivolgimenti di grande portata; sono inoltre caratterizzati da ridotte fiuttuazioni stagionali della biomassa  e sono adattati a vivere in condizioni di relativa oligotrofia (Bona et al., 1994). Esempi di comunità di organismi dello stadio III sono citati da Rhoads e Germano (1982). Questi organismi difficilmente sono visibili direttamente nelle immagini del sedimento, ma la loro presenza può essere dedotta dalle camere di alimentazione (feeding voids) che essi lasciano in profondità (2-20 cm) durante l’attività trofica (Rhoads e Germano, 1982; Bona et al., 1994). 

Le comunità di equilibrio sono associate a sedimenti ben ossigenati, dove la RPD raggiunge profondità anche superiori a 10 cm. La zona di alimentazione si trova principalmente (anche se non esclusivamente) nei pressi della RPD, dove la produttività dei microrganismi aerobi è elevata.

Alla macrofauna dello stadio III è affidata, tra l’altro, la funzione di prevenire le crisi anossiche collegate all’eutrofizzazione (Bona et al, 1994), ma quando viene superato un valore critico di carico organico, i taxa dello stadio III vengono localmente eliminati a vantaggio di biocenosi maggiormente resistenti (Pearson e Rosenberg, 1978; Rhoads e Germano, 1986). Questo è dovuto all’accumulo di sostanze antibiotiche prodotte dalla decomposizione, al basso tenore di ossigeno, ai solfuri o alla combinazione di questi fattori. La perdita dello stadio III e la sua sostituzione graduale con lo stadio I (presente e operante solamente in superficie) è quindi accompagnata da cambiamenti nella natura, velocità e profondità dei fenomeni biologici: in generale, i processi anaerobici (solfatoriduzione, metanogenesi) vengono a predominare sul metabolismo ossidativo. Una volta raggiunto lo stadio I, inoltre, l’accumulo di sostanza organica nel sedimento viene ulteriormente accelerato. 

In situazioni particolari si possono osservare stadi intermedi, indicati come I/III oppure II/III, spiegabili con l’arricchimento organico dei sedimenti superficiali già popolati da una biocenosi dello stadio III : di conseguenza si crea una zonazione tra sedimento profondo, con organismi di quest’ultimo stadio, e sedimento superficiale, con organismi tipici degli stadi meno sensibili.

Nelle aree maggiormente soggette a stress ambientale non si riscontra alcuna biocenosi (stadio azoico).

 

  1. Altro parametro rilevabile, legato alla qualità ambientale, è la presenza di bolle o sacche di gas nello spessore del sedimento, dovute alla putrefazione di materiale organico. Le bolle di gas sono riconoscibili nell’immagine fotografica per il colore scuro e traslucido, la forma circolare o leggermente allungata e la presenza di un sottile margine bianco ai bordi.

 

INDICE DI QUALITA’ AMBIENTALE O.S.I.

L’indice sintetico, ricavabile dal REMOTS, è denominato O.S.I. (Organism-Sediment Index, Rhoads e Germano,1982). E’ calcolato sommando i punteggi ottenuti per i parametri considerati nelle immagini dei sedimenti, secondo la seguente tabella:

Tabella 1 Calcolo dell’indice OSI

 

Parametro

Valori ottenuti dalle immagini

Punteggio

 

 

 

 RPD (profondità media d’inversione del    potenziale redox in cm)

0

0

0 –0,75

1

0,76 – 1,50

2

1,51 –2,25

3

2,26 – 3,00

4

3,01 – 3,75

5

>3,75

6

 Presenza di bolle di gas

NO

-1

0

 Assenza d’ossigeno in tutta la sezione

NO

-4

0

 

 Biocenosi bentonica

stadio azoico

-4

stadio I

1

stadio II

3

stadio III

5

 

L’intervallo di variazione è tra –10 e +11.

L’indice –10 rappresenta la qualità ambientale peggiore e corrisponde ad un sedimento molto scuro, con bolle di gas, in cui è assente una discontinuità apparente del potenziale redox (RPD) e non è rilevabile fauna bentonica.

Al contrario, il massimo valore positivo (+11) corrisponde ad un’immagine con RPD al di sotto dei 3,75 cm, una stabile biocenosi dello stadio III ed assenza di bolle o sacche gassose.

L’AREA DI STUDIO

Integrato con analisi chimiche e tossicologiche del sedimento, il metodo è stato utilizzato per valutare la tendenza al recupero di una piccola area della laguna, il Lago dei Teneri, dopo un progetto di remediation mediante ricopertura del fondo con sabbia pulita (sediment capping) (FIGURA 3).

Il Lago dei Teneri è un bacino di 5,3 km2, profondo in media 80 cm, con variazioni che dipendono dalla marea. L’operazione di copertura riguardò la parte centrale del bacino, la cui comunità bentonica risultava molto alterata, ed ebbe lo scopo di impedire il rilascio d’inquinanti dal fondo onde migliorare la qualità complessiva del sistema.

Venti stazioni di controllo sono state localizzate nell’area trattata e tutt’intorno ad essa (FIG.4). Le osservazioni sono state condotte dal 1994 al 1997, con l’obiettivo di valutare il recupero dell’habitat bentonico nello spazio e nel tempo.

Carote di 10 cm sono state prelevate per dieci volte successive, allo scopo di analizzare i sedimenti dal punto di vista chimico (TOC, metalli pesanti, azoto totale e fosforo totale) e di effettuare i test tossicologici (Microtox e test di sopravvivenza sull’anfipode Leptocheirus plumulosus).

RISULTATI

I risultati ottenuti sono riportati nella tabella 2 come valori medi per l’area interna del Lago dei Teneri e nella tabella 3 per l’area esterna, prima e dopo l’intervento di copertura.

Tabella 2 Risultati ottenuti nell’area soggetta al ricoprimento

Lago dei Teneri. AREA INTERNA TRATTATA

parametro

unità di misura

pre-capping

post-capping

media

SD

media

SD

Cd

mg/kg dw

4,80

0,45

1,44

0,20

Ni

mg/kg dw

54,47

3,81

56,26

14,69

Zn

mg/kg dw

501,15

59,95

98,00

56,64

N tot

mg/kg dw

1733,67

382,75

739,62

318,50

P tot

mg/kg dw

397,77

135,71

747,15 *)

1112,37

Microtox

U.T.

3685

2667

1518

2033

Anfipodi

% sopravv.

87

0,58

95

7,09

O.S.I.

 

-4

1,00

+4

3,06

 

Tabella 3 Risultati ottenuti nell’area soggetta al ricoprimento

 

Lago dei Teneri. AREA ESTERNA DI CONTROLLO

parametro

unità di misura

pre-capping

post-capping

media

SD

media

SD

Cd

mg/kg dw

5,02

1,19

3,56

2,35

Ni

mg/kg dw

50,08

4,97

45,26

14,75

Zn

mg/kg dw

534,36

202,73

432

223,00

N tot

mg/kg dw

1280,50

312,29

3782,84  *)

3080,12

P tot

mg/kg dw

538,00

143,28

1159,14  *)

1863,31

Microtox

U.T.

2834

1771

1879

1893

Anfipodi

% sopravv.

88

3,85

91

8,37

O.S.I.

 

-1

2,37

0

2,92

 

I valori contrassegnati con  *)  indicano un peggioramento significativo della situazione dopo il trattamento, anziché un miglioramento.

Per ogni parametro è stata tracciata la curva che descrive l’utility function, cioè la relazione tra la variazione del parametro e la qualità dell’ambiente (IQH, Indice di Qualità dell’Habitat). Le curve sono state ricavate  dalla letteratura o sono state costruite ad hoc, in particolare quelle relative ai parametri biologici.

I valori di IQH, ricavati per ogni parametro sulla base delle utility functions, opportunamente pesati e normalizzati, sono stati sommati per ottenere un indice di qualità globale (HES, Habitat Evaluation System) per ogni situazione a confronto. I dati sono riportati nelle tabelle 4 e 5.

Tabella 4 Valori dell’Indice di qualità dell’Habitat per l’area interna

 

Area interna

IQH

 

Peso

IQH pesato

pre-capping

post-capping

pre-capping

post-capping

Cd

0,40

0,81

10

3,89

7,88

Ni

0,18

0,17

10

1,75

1,65

Zn

0,53

0,90

10

5,10

8,75

N tot

0,22

0,57

12

2,69

6,97

P tot

0,97

0,18

12

11,86

2,20

Microtox

0,12

0,75

16

1,90

11,88

Anfipodi

0,65

0,85

11

7,40

9,68

O.S.I.

0,03

0,78

19

0,48

14,95

                                                                         HQI globale      

35,07

63,96

Tabella 5 Valori dell’Indice di qualità dell’Habitat per l’area interna

 

Area esterna

HQI

 

Peso

HQI pesato

pre-capping

post-capping

pre-capping

post-capping

Cd

0,40

0,50

10

3,89

4,86

Ni

0,25

0,30

10

2,43

2,92

Zn

0,48

0,58

10

4,62

5,59

N tot

0,36

0,10

12

4,40

1,22

P tot

0,82

0,10

12

10,02

1,22

Microtox

0,21

0,57

16

3,33

9,03

Anfipodi

0,70

0,78

11

7,97

8,88

O.S.I.

0,10

0,125

19

1,92

2,40

                                                                         HQI globale

38,58

36,12

La metodologia HES (Habitat Evaluation System) integra dunque indicazioni di natura diversa: biologica, chimica e tossicologica, come previsto dalla triade per la qualità dei sedimenti. Nel caso del Lago dei Teneri essa si è rivelata un ottimo strumento per ricavare un giudizio sull’efficacia di un intervento di recupero ambientale e quindi sull’opportunità di estendere l’intervento ad aree simili, ove l’idrodinamica sia contenuta ed il livello dell’inquinamento non troppo elevato. Il metodo consente di quantificare i benefici ambientali derivati dall’intervento di remediation, confrontando il quadro dell’area sperimentale con quello di un’area esterna di controllo. L’indice HQI globale migliora sensibilmente nell’area interna trattata, passando dopo l’intervento ad un valore di 63,96, quasi doppio rispetto a quello iniziale (35,07). Nell’area esterna invece l’indice rimane praticamente costante (36,12 contro l’iniziale 38,58). Nell’area trattata, il miglioramento è sottolineato dall’aumento di quasi tutti gli HQI parziali, ad esclusione di quelli relativi alla presenza di Ni e di fosforo totale. Quest’ultimo peraltro decade ancor più sensibilmente anche nell’area di controllo, il che sta ad indicare un incremento del fosforo totale in tutto il Lago dei Teneri e non solo nell’area sottoposta ad intervento.

Dai risultati ottenuti si ricava che la ricopertura con sabbia costituisce un’efficace barriera tra sedimento contaminato e colonna d’acqua, nell’ambito della quale l’idrodinamismo è sufficiente per tenere alto il livello d’ossigenazione e consentire perciò un’apprezzabile colonizzazione del fondale (l’HQI relativo all’indice O.S.I. passa da 0,48 a 14,95). L’effetto di decontaminazione dello strato sabbioso può essere attribuito all’azione di sbarramento fisico nei confronti della risalita degli inquinanti dallo strato sottostante. Inoltre la maggior circolazione dell’ossigeno in un substrato a granulometria maggiore garantisce l’ossidazione delle specie chimiche che  comunque risalgono dal basso, il conseguente  passaggio per alcune di esse a forme ioniche maggiormente solubili e quindi più diffusibili nella fase acquosa soprastante il sedimento, dove subiscono una notevole diluizione.  Naturalmente la maggiore ossigenazione del sedimento è una garanzia per l’evolversi di una comunità bentonica stabile. 

 

BIBLIOGRAFIA

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G.Badino1, F.Bona1, A.Maffiotti2

 

1Dip. Biologia Animale e dell’Uomo – via Accademia Albertina 17  10123 e-mail bona@dba.unito.it

2 Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale – Via della Rocca n.49 - Torino