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Francesco Nerli : XIX Rassegna del Mare “MAREAMICO”   Sessione “Portualità, traffici marittimi e tutela ambientale”

Come indicato dalla Commissione Europea nella sua Comunicazione (COM (2007) 575) del 10.10.2007, sulla politica marittima integrata, e prima ancora – 2006 – nel “Libro Verde” sulle medesime tematiche, gli spazi marittimi e litoranei costituiscono un elemento essenziale del benessere dell’Europa. Ciò è altrettanto vero, forse in misura maggiore, per i porti che consentono ad interi Sistemi-Paese di svolgere un ruolo di punta nell’economia mondiale e di beneficiare dello sviluppo dei traffici.

In particolare queste considerazioni sono riferibili alla realtà italiana. Come testimoniato da un recente rapporto elaborato da Assoporti con il CENSIS, i maggiori scali marittimi nazionali, le attività che in essi svolgono, i soggetti (enti) che li amministrano e i soggetti economici (imprese) che vi operano – per le attività di logistica marittimo-portuale e connesse – danno un significativo apporto al PIL del Paese (maggiore anche rispetto a quello di altri settori economici italiani tradizionalmente rilevanti) e generano una considerevole occupazione.

Proprio dal qual rapporto si ricava infatti che il sistema dei porti italiani assorbe complessivamente 90.500 addetti, con un “fatturato” globale di 18 miliardi di euro.

Se si considera anche la produzione delle imprese cantieristiche insediate nell’area portuale, si arriva rispettivamente a 105 mila posti di lavoro e quasi 21 miliardi di euro di contributo al PIL nazionale.

Ancora si tenga conto delle oltre 511 milioni di tonnellate di merci e dei più di 48 milioni di passeggeri imbarcati e sbarcati (nel 2007) nei soli porti maggiori amministrati dalle Autorità Portuali, nonché del fatto che oltre il 61% delle importazioni e più del 46% delle esportazioni (valori peraltro sottostimati, in quantità) sono riconducibili alla modalità marittima, quindi transitano attraverso i porti.

Ma ancor più significativo è il dato dell’incidenza del traffico inframediterraneo ascrivibile ai porti italiani.

Complessivamente le merci sbarcate e imbarcate in Italia provenienti/dirette da/a porti di Paesi Mediterranei (e del Mar Nero che ne costituisce importante propagine) ammontavano, già nel 2006, ad oltre 231 milioni di tonnellate trasportate lungo le rotte dei traffici petroliferi e tramp, quelle verso i maggiori “regional ports”, lungo i collegamenti di transhipment che si irradiano e convergono sui grandi hub in esercizio sui fronti nord e sud, nonché lungo la rete degli altri collegamenti inframediterranei.

Questa rete di “short sea shipping”, che già 5 anni fa era composta da oltre 180 collegamenti regolari, è progressivamente divenuta più fitta e parimenti è prevedibile si rafforzerà in futuro: per l’incremento delle linee ed aumento delle frequenze, l’immissione in linea di nuove navi, il potenziamento dei porti sui diversi fronti mediterranei e nell’area del Mar Nero, la scelta politica dell’UE (ma anche italiana) di puntare allo sviluppo delle Autostrade del Mare “Progetto strategico della Comunità Europea”.

Altro segmento significativo e particolarmente dinamico, dei traffici marittimi è quello della crocieristica.  Nell’arco di meno di 15 anni, tra il 1995 e il 2007, nei soli scali italiani maggiori sedi di A.P. il numero di croceristi imbarcati, sbarcati ed in transito è passato da circa 1,1 milioni a circa 7,5 milioni; sono entrati nel novero dei porti aventi questa funzione alcuni in precedenza non interessati da questo traffico, e da ultimo nel Mediterraneo il fenomeno crociere sta interessando anche Paesi in precedenza mai toccati (es. la Libia).

La consapevolezza della portualità della valenza turistica del mare e la percezione della necessità di coniugare sviluppo del traffico marittimo e tutela del mare costituiscono da tempo un riferimento.

La portualità italiana ha offerto su questo versante un valido contributo. Anzitutto attraverso un puntuale rispetto, con gli opportuni adattamenti alle specificità ed alle peculiarità dei singoli porti, delle diverse regole ambientali per quanti esercitano attività in ambito portuale (es. in tema di incidenti rilevanti, in tema di gestione dei rifiuti, in materia di valutazione di impatto ambientale, di bonifica, ecc.). Parimenti mediante la disponibilità di servizi efficienti di prevenzione e pronto intervento a finalità ambientale (es. anti-inquinamento, disinquinamento, ecc.).

Al di là del rispetto delle norme e delle regole in tema di ambiente e sua tutela, è significativo il contributo che la portualità può dare anche su base volontaria, mediante azioni positive sviluppate in modo associato e/o singolo.

Circa best practice (migliori pratiche) in campo ambientale, diverse Autorità Portuali ne hanno già messe in atto, o le hanno programmate nella loro autonoma determinazione. Per mera esemplificazione si citano quelle indicate nel rapporto sull’Economia del Mare per l’ambiente redatto a suo tempo (fine 2004) dal Rina per conto della federazione del Mare.

Tra queste si rammentano la partecipazione delle Autorità Portuali di Genova, Livorno, Venezia, Trieste, Civitavecchia al progetto EcoPorts, che è un progetto cofinanziato dall’UE, avente lo scopo di armonizzare l’approccio alla gestione ambientale dei porti in Europa, di favorire lo scambio di esperienze e l’applicazione di buone pratiche (sempre su base volontaria): la determinazione dall’A.P. di Napoli di dotarsi di un sistema di gestione ambientale conforme alle norme ISO 14001; l’istituzione da parte dell’A.P. di Ravenna di un gruppo di lavoro per individuare i contenuti tecnici di un accordo volontario relativo al contenimento ed alla riduzione delle polveri generate da merci alla rinfusa; il concorso di progettazione per il miglioramento ambientale dell’interfaccia porto – città dell’Autorità Portuale di Marina di Carrara, i diversi progetti specifici delle A.P. di Livorno, Genova e Venezia.

A queste vanno aggiunte ulteriori più recenti iniziative delle citate A.P. e di altre.

Conclusivamente si ritiene che la priorità da attribuire alle politiche di valorizzazione della funzione economica del mare – e la centralità, all’interno di queste politiche, di azioni intese a potenziare le infrastrutture portuali, che ne costituiscono il presupposto, possono coniugarsi con la tutela del bene – mare, in una logica di sviluppo sostenibile (anche dal punto di vista economico e sociale) e non solo di mera conservazione a discapito dello sviluppo economico.

 

Sen. Francesco Nerli – Presidente Assoporti