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Ferruccio Maltagliati - Considerazioni e prospettive riguardanti la pesca ricreativa in mare in Italia

La pesca ricreativa (PR) è un’attività che nel nostro paese ha importanti radici storiche e, in concomitanza con il boom economico degli anni ’60, è divenuta un'importante attività di massa. La PR in mareannovera ad oggi più di due milioni di praticanti di vario livello. Si tratta quindi di un’attività che ha notevoli riscontri sia sul piano sociale che su quello economico. Considerando quest’ultimo aspetto, la PR in mare offre un notevolissimo indotto in vari settori, quali ad esempio la produzione e il commercio delle attrezzature da pesca, la nautica e -settore sul quale il nostro paese dovrebbe investire di più- il charterismo dedicato ai turisti pescatori ricreativi, opportunamente regolamentato. Ciononostante, la PR non ha ancora ricevuto la dovuta attenzione da parte delle politiche di gestione della pesca nazionale, così come invece avviene in altri paesi europei ed extraeuropei ed è oggi caratterizzata da un’incomprensibile e ingiustificata disparità di considerazione rispetto alla pesca professionale. La gestione della PR, tuttavia, è un tema caldo a livello di Comunità Europea, che da un po’ di tempo sta imponendo al nostro paese di monitorare questo fenomeno a livello nazionale. Purtroppo, per vari motivi, ad oggi è stato fatto molto poco. Ritengo che per ottenere informazioni e dati attendibili da utilizzare efficacemente a fini gestionali sia necessario partire dal basso, con la dovuta umiltà di chi sta procedendo lungo un percorso conoscitivo di cui larghi tratti sono poco noti o addirittura inesplorati.

Uno dei primi problemi cui ci si trova di fronte quando si trattano questi temi riguarda la confusione terminologica usata nel linguaggio comune, ma anche nelle varie normative riguardanti la pratica della PR a livello nazionale, regionale o locale. Frequentemente vengono utilizzati come sinonimi termini quali ‘pesca ricreativa’, ‘pesca sportiva’, ‘pesca dilettantistica’ e ‘pesca amatoriale’. Per evitare confusione, almeno nei documenti ufficiali, proporrei di non utilizzare gli ultimi due termini e di definire la “pesca ricreativa” come “attività che permette di catturare pesci o altri organismi acquatici per divertimento”. Oltre al divertimento, ci possono essere benefici secondari quali ad esempio cibo, esercizio fisico, contatto con la natura, ecc. È da sottolineare che nella PR non ci può essere il profitto, che è perseguito dalla legge e che invece caratterizza la pesca professionale. Il requisito fondamentale della PR è quindi il ‘divertimento a catturare pesci’. Proporrei inoltre di definire la “pesca sportiva” come attività agonistica, in cui si compete tra pescatori attraverso la cattura di pesci, seguendo determinati regolamenti, che in Italia sono stabiliti dalla FIPSAS, ente affiliato al CONI, che gestisce questa attività. L’obiettivo della pesca sportiva è quindi quello di gareggiare tra pescatori.

                Il fatto che più di due milioni di persone si rechino più o meno frequentemente a svolgere la loro attività di PR in mare pone un altro problema molto importante: mi sto riferendo alla necessità di valutare gli effetti di questa attività sulle popolazioni naturali delle specie bersaglio e, più in generale, sugli ecosistemi marini costieri. A questi effetti devono essere aggiunti gli impatti della componente di pesca professionale che insiste sugli stessi ecosistemi, che è prevalentemente la pesca artigianale. Il problema diventerebbe ancora più consistente se si entrasse anche nel merito degli effetti della pesca illegale, che purtroppo non è trascurabile ed è trasversale rispetto a entrambe le categorie.

Già da queste poche considerazioni vien da sé che la gestione della PR richiede l’attenta valutazione di tre aspetti principali tra loro strettamente connessi: la componente sociale, quella economica e quella ecologica. Perciò, per la realizzazione di una gestione efficace, risultano strettamente necessari sia il monitoraggio quali/quantitativo degli impatti socioeconomici ed ecologici della PR, sia la ricerca scientifica.

Pesca professionale e ricreativa hanno parecchie analogie, ma anche varie differenze. Tra queste ultime, da rilevare la sempre più attuata pratica del “catturare e rilasciare” (catch and release, C&R) da parte dei pescatori ricreativi. Questa pratica è molto adottata nelle acque dolci, ma negli ultimi anni sta prendendo sempre più campo anche in ambiente marino. Il C&R deve essere incentivato, in quanto contribuisce ad aumentare il grado di sostenibilità della PR. Già da queste poche considerazioni si può intuire che sarebbe un errore quello di pensare di gestire la PR utilizzando gli stessi approcci che vengono applicati a quella professionale. Da rilevare che una corretta gestione della pesca nazionale dovrebbe conferire pari dignità a pesca professionale e ricreativa, così come già avviene in altri paesi. Ciò che ritengo sia necessario è quindi un generale cambio di mentalità riguardo all’approccio da utilizzare nella gestione della PR, sia da parte dei politici gestori dell’ambiente, ma anche da parte degli “stakeholder” e della comunità scientifica interessata.

Un altro problema da considerare attentamente riguarda la conoscenza delle numerose tecniche impiegate dai pescatori ricreativi che oggi hanno raggiunto livelli di specializzazione molto alti. Una corretta gestione della PR non può prescindere da queste conoscenze e le valutazioni socioeconomiche ed ecologiche non possono quindi viziate da una scarsa conoscenza delle svariate tecniche utilizzate.

Un recente congresso internazionale sulla PR (World Recreational Fishing Conference), organizzato dalla Sportvisserij Nederland, tenutosi per via telematica il 28 e il 30 giugno 2021, ha fatto registrare la presenza di una sessantina di relatori di varie nazionalità. I paesi più rappresentati sono stati l’Olanda (paese organizzatore dell’evento), gli USA e la Germania con otto relatori ciascuno. L’Italia, purtroppo, è stata rappresentata da un unico ricercatore (Valerio Sbragaglia) che però lavora in Spagna. Questi semplici dati, pur essendo certamente grossolani, mettono in evidenza come nel nostro paese, anche dal punto di vista della ricerca scientifica, la PR non riceva la dovuta attenzione .In Italia c’è bisogno quindi di avviare un percorso che richiede finanziamenti dedicati alla ricerca scientifica in questo campo e conseguente impegno da parte dei ricercatori. Inoltre, è da rilevare che questo percorso non può prescindere dalla formazione e quindi dalla didattica. Per quanto riguarda la didattica legata agli aspetti bio-ecologici della PR, all’Università di Pisa nell’anno accademico 2019-20 è stato organizzato e avviato dal sottoscritto,per la prima volta in Italia, il corso di ‘Biologia della Pesca Ricreativa’ dedicato agli studenti dei corsi di studio specialistici in area ambientale. Questo corso si è avvalso del prezioso contributo di docenti universitari e ricercatori esperti nel settore della PR. Nell’anno accademico successivo il corso è stato avviato anche dal Prof. Marco Casu dell’Università di Sassari e si auspica che,in tempi brevi,corsi di questo tipo vengano offerti agli studenti di molte altre università italiane, in modo da contribuire alla formazione di figure professionali che saranno in grado di operare in maniera efficace nella ricerca e/o nella gestione nel campo della PR.

 

 

Prof. Ferruccio Maltagliati

Dipartimento di Biologia, Università di Pisa

Consiglio Scientifico Mareamico