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Ferdinando Boero - La situazione ecologica del Mediterraneo: i fondi duri e le Aree Marine Protette

Negli ultimi decenni, in Mediterraneo, si è evidenziata la necessità di salvaguardare il patrimonio naturalistico attraverso l’istituzione di Aree Marine Protette (AMP). Gli Stati della sponda nord del bacino, principalmente Spagna, Francia e Italia, hanno istituito numerose AMP per salvaguardare siti di grande rilievo naturalistico e paesaggistico. Si tratta, con le dovute eccezioni, di aree che includono ambienti dominati da biocenosi bentoniche di substrato duro, soprattutto isole e falesie rocciose. La spettacolarità di questi paesaggi sottomarini, e il grande sviluppo dell’immersione subacquea a fini turistici, può veramente fare del Mediterraneo un’alternativa ecoturistica ai mari tropicali ricchi di formazioni coralline.

Da una parte, comunque, si sta iniziando a percepire come la visita degli “ecoturisti” stia avendo anch’essa un impatto ambientale (vedi il caso delle Islas Medas, vicino a Barcellona) ma, dall’altra parte, la possibilità di tenere sotto controllo lo stato di zone ad alto valore naturalistico sta diventando un’opportunità di monitoraggio della situazione ecologica del bacino (o di buona parte di esso) attraverso le AMP.

Le biocenosi bentoniche di substrato duro sono caratterizzate da organismi vistosi (alghe, spugne, cnidari, briozoi, tunicati), di solito a vita lunga e monitorabili senza prelievi distruttivi. Questo offre l’opportunità di valutare lo stato della biodiversità marina su ampia scala geografica, separando le situazioni locali da situazioni che interessano l’intero bacino.

Il monitoraggio della situazione ecologica del Mediterraneo può avvenire considerando parametri chimico-fisici derivanti dall’utilizzazione di boe e satelliti, ma le modificazioni dell’ambiente abiotico devono necessariamente essere confrontate con le possibili modificazioni della componente biotica.

Le recenti morie di gorgonacei in Mar Ligure testimoniano, probabilmente, l’impatto di alterazioni del regime termico del bacino che, se non avessero ricadute biologiche, resterebbero fini a se stesse.

In questo contesto, le biocenosi bentoniche di substrato duro, anche all’interno di Aree Marine Protette, possono diventare veri e propri ecosensori della qualità dell’ambiente, in grado di informarci in tempo reale dei cambiamenti in atto e della loro portata geografica.

Perché questo avvenga, comunque, è necessario uno sforzo organizzativo internazionale e una standardizzazione dei metodi di rilevamento che, attualmente, sono ancora lontani dall’esser sviluppati e messi in opera. Si tratta di una possibilità che va presa in seria considerazione da chi dovrà poi prender iniziative per salvaguardare e gestire l’intero bacino o anche parte di esso.

 

Ferdinando Boero

Dipartimento di Biologia - Università di Lecce