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Fabio Fiorentino -  Stato delle risorse e gestione della pesca in Italia.  Alcuni spunti di riflessione

La pesca rappresenta una delle attività produttive più rilevanti nel panorama nazionale non solo per gli aspetti economici ma anche per le implicazioni sociali e le valenze storico-culturali. Sebbene le attività di pesca siano profondamente radicate nel tessuto socio-economico delle aree costiere del Paese, a partire dagli anni novanta sono emersi segnali sempre maggiori di sofferenza del comparto. Il presente contributo vuole riassumerne lo stato attuale delle risorse da pesca e delle performance della pesca italiana e fornire alcuni spunti di riflessione per migliorare le condizioni di sfruttamento degli stock e della sostenibilità della pesca.

Sebbene la maggiore efficacia della gestione nell’ultimo decennio abbia evidenziato miglioramenti soprattutto in termini di biomasse a mare e riduzione di mortalità da pesca, le più aggiornate valutazioni dello stato di sfruttamento dei principali stock dei mari italiani indicano nel complesso ancora condizioni di sovrappesca. Se si considera l’andamento degli sbarcati si è passati dalle circa 262000 tonnellate del 2004 alle circa 177000 del 2019, ulteriormente scese a 130000 nel 2020 in seguito alla pandemia (Dati DCR &DCF).

Per quanto riguarda la performance economica della flotta nazionale, sia la redditività di lungo termine che quella di breve periodo mostrano un peggioramento per la maggior parte dei segmenti, con l’eccezione dei battelli a circuizione nella maggior parte delle GSA e delle draghe idrauliche che pescano vongole nella GSA 17.

Se si considerano l’insieme delle misure gestionali attuate dall’Italia per riequilibrale la pressione di pesca della flotta alle potenzialità produttive degli stock,è evidente una contrazione nella consistenza della flotta, che è passata dai circa 14.900 battelli del 2004 agli 11.900 del 2020. Tale significativa flessione ha interessato maggiormente battelli con dimensioni superiori alla media. A partire dal 2019 è stata inoltre adottata una politica rigorosa del controllo dello sforzo di pesca. Accanto a queste misure sono state adottate ulteriori misure per ridurre la cattura di sottomisura chiudendo alle reti trainate alcune nurseries nella GSA 9, 10, 11, 15, 16 e 17.

A fronte dell’adozione di questo insieme di misure di alleggerimento della pressione di pesca sugli stock e nell’ottica della gestione ecosistemica della pesca, si ritiene sia necessario un ripensamento degli obiettivi specifici e, conseguentemente,delle misure da adottare nella gestione dei processi di cattura, che coinvolga tutti i portatori di interesse della filiera pesca.

Uno dei nodi da sciogliere con urgenza risiede nella contraddizione del raggiungimento della Massima Produzione Sostenibile nei contesti di pesca multispecifica, quale ad esempio la pesca a strascico a gamberi rosa la cui principale cattura accessoria è il merluzzo. Bisogna inoltre riflettere sull’opportunità di adottare un sistema di gestione basato sulle quote di cattura nella pesca che ha come bersaglio uno o poche specie, quali ad esempio il pesce azzurro o i gamberi rossi. Si deve poi affrontare il problema dell’individuazione di efficaci misure di protezione per tutti quegli habitat sensibili che si trovano nelle acque del largo, quali ad esempio i fondi a coralli o quelli a rodoliti. In analogia a quanto portato avanti per la nurseries, questo obiettivo implica la conoscenza delle aree dove sono presenti tali habitat e la regolazione su base spaziale dello sforzo di pesca. Accanto alle misure “spaziali” di riduzione del sottotaglia delle catture e di conservazione degli habitat sensibili, sarebbe importante sperimentare su ampia scale nuovi attrezzi di pesca che siano più selettivi e riducano l’impatto della pesca su ambiente e risorse. Infine, bisogna affrontare le problematiche conseguenti all’affacciarsi dei paesi emergenti del nord Africa e dell’Asia minore nello scenario dello sfruttamento delle risorse condivise delle acque del largo del Mediterraneo. In particolare lo sfruttamento della stessa risorsa per un mercato internazionale da parte di paesi con diverse caratteristiche socio-economiche, oltre a creare distorsioni nel mercato, rischia di condurre rapidamente gli stock in condizioni di pesante sovrappesca.

Sia le misure in atto che quelle auspicate hanno però scarsa efficacia se non si risolve il problema del controllo dell’accesso alle aree di pesca. Personalmente ritengo essenziale portare avanti il processo che leghi le imbarcazioni alle aree di pesca attraverso un regime di permessi che consenta di superare l’obsoleta filosofia di “libera pesca in libero mare”. Questa innovazione istituzionale, non meno importante di quelle tecnologiche in atto e che verranno a venire, che ha dato buoni frutti con la gestione della pesca delle vongole, e che fino ad anni recenti era reputata irrealistica per la pesca nelle acque del largo, è compatibile con la filosofia alla base dei Piani di Gestione della PCP e con l’idea di rendere i pescatori maggiormente responsabili della produttività delle aree di pesca a loro assegnate in accordo con il Codice di Condotta per la Pesca Responsabile della FAO.

Dato che una pesca è gestibile soltanto se è in grado di produrre informazioni sullo sforzo esercitato e sulla composizione quali/quantitativa delle catture, un altro aspetto da considerare attentamente nel prossimo futuro è il maggiore coinvolgimento delle imprese di pesca nella produzione di dati accurati da usare per la valutazione e la gestione delle attività di pesca.

 

Prof. Fabio Fiorentino

Istituto per le Risorse biologiche e le Biotecnologie Marine (IRBIM)

Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)

Mazara del Vallo (TP)