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Emilio Olzi - Ambiente e acquacoltura: una proposta di ricerca

La produzione di energia elettrica da combustibili fossili comporta sempre un incremento di produzione di CO2 che, a detta di molti ecologisti, induce variazioni climatiche a causa del cosiddetto “effetto serra”. Non si vuole in questa sede entrare nel merito della questione che sia il complesso delle attività antropiche unico responsabile delle variazioni climatiche, ma certamente un contenimento della produzione di CO2 è comunque auspicabile.

 Uno dei problemi di inquinamento causato dalle centrali termiche è il raffreddamento delle acque di centrale mediante scambiatori di calore raffreddati con acqua di mare. I problemi ecologici connessi con questo processo sono:

                   1) l’aumento locale della temperatura del mare nelle zone prospicienti lo scarico degli scambiatori;

                2) l’inquinamento da cloro che attualmente viene addizionato all’acqua di mare per evitare la formazione nelle tubazioni di fouling che inibirebbe lo scambio termico.

 Per quanto riguarda l’aumento locale della temperatura del mare nelle zone prospicienti lo scarico degli scambiatori, a mio avviso, il problema non sembra particolarmente grave: le dimensioni del mare sono tali da rendere trascurabile tale variazione locale.

Quello che, a mio avviso, è invece più rilevante, è l’inquinamento da cloro che, sia pure in una zona ristretta, può provocare la desertificazione nelle zone in cui viene immesso a motivo del suo forte potere ossidante.

Ma è proprio necessario usare il cloro come antifouling?

Da alcune ricerche svolte nel nostro laboratorio MARECO abbiamo riscontrato che il fouling è estremamente sensibile alle variazioni di acidità: da esperimenti condotti risulta che la variazione del pH da 8,4 (pH del mare) a 6,5 (pH che si può ottenere con modestissime aggiunte di acido all’acqua di mare) provoca un  rilevante effetto antifouling. I nostri esperimenti sono poi proseguiti con addizione di CO2  invece dell’acido all’acqua di mare. La CO2 provoca una variazione del pH al di sotto della neutralità (pH < 7), e quindi, finchè l’acqua addizionata con CO2 circola in assenza di luce (ad es. all’interno delle tubazioni dello scambiatore) si ha un marcato effetto antifouling per acidificazione. In presenza di luce, invece, (ad es. allo scarico a mare dello scambiatore) la fotosintesi clorofilliana in presenza di CO2 provoca una forte crescita di vegetali (alghe). Tali forti crescite di alghe possono essere utilizzate o come biomassa o come cibo per specie di pesci che si nutrono di esse.

Un siffatto processo, quindi, potrebbe far variare l’ambiente prossimo allo scarico dello scambiatore da un deserto (causato dal cloro) ad una forma di acquacoltura strettamente biologica.

Se tale tecnologia venisse applicata, si limiterebbe sia una forma di inquinamento del mare (cloro) che una fonte di inquinamento dell’aria (CO2).

Ciò che si propone come ricerca è quindi un approccio biologico a tale processo che ci permetta  di verificare la fattibilità di quanto ipotizzato.

 

 

Prof. Emilio Olzi – Responsabile Scientifico Stazione CNR- MARECO - Bonassola