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Daniela Pessani - Posidonia oceanica: specie simbolo ed elemento di unione tra i paesi Mediterranei

Se si dovesse scegliere una specie marina mediterranea come simbolo delle peculiarità e della storia, ma anche dell’attuale condizione di questo mare, la scelta dovrebbe cadere su Posidonia oceanica. Questa fanerogama (quindi non un’alga), endemica del nostro mare, ha la stessa struttura delle piante terrestri, con radici, fusto, foglie, fiori e frutti, che vengono “seminati” dai movimenti delle acque. Posidonia forma, principalmente su fondo sabbioso, estese praterie, simili a quelle terrestri, che di queste svolgono le stesse funzioni, ospitando alghe ed animali associati, che a loro volta sfruttano la superficie disponibile, la ricca fonte di cibo e la possibilità di trovare rifugio per adulti e giovani. Fondamentale è anche il ruolo che la pianta svolge nel bilancio globale dell’ecosistema marino: un metro quadrato di prateria libera 14-20 litri di ossigeno al giorno. L’effetto della presenza di posidonia si avverte anche sulla terra: le praterie ed il sedimento che esse trattengono sul fondo (la matte) così come i depositi di foglie morte sulla spiaggia (le banquettes), sono un efficace deterrente all’azione erosiva delle onde sulla costa.

La storia di posidonia ricalca la tormentata storia del Mar Mediterraneo: la specie è considerata un relitto tetideo (un paleoendemismo, quindi) arrivata a noi attraverso vicissitudini diverse, tra le quali forse la scomparsa e ricomparsa nel nostro mare.

Posidonia è specie stenoterma e stenoalina, ovvero tollerante solo ad un limitato range di temperatura e salinità: questo spiega la sua distribuzione in Mediterraneo, passata ed attuale. Probabilmente era presente in tutto il Mediterraneo, ad eccezione delle aree a bassa od alta salinità ed a bassa od alta temperatura (Alto Adriatico, coste Israeliane, Mar Nero).

Si è calcolato che, nel range batimetrico che va da 0 a 50 m, le praterie di posidonia occupano il 15 % del fondo se le aree sono fortemente antropizzate, ma addirittura il 50 % se l’ambiente è ben conservato e le acque sono limpide.

Posidonia oceanica viene quindi da tempo considerata un buon indicatore dello stato di salute dell’ambiente marino; dal 1992 è considerata specie protetta secondo la Direttiva Europea Habitat e le aree in cui essa è presente sono per lo pù state dichiarate SIC (Sito di Importanza Comunitaria).

Da tempo però la presenza dell’uomo, la sempre più evidente (ed invadente) antropizzazione delle coste e la conseguente alterazione delle acque ha portato al fenomeno del diradamento prima e della scomparsa poi di intere praterie di posidonia. Oggi posidonia non è più presente nelle acque antistanti le aree urbane di Spagna, Francia ed Italia ma anche nelle zone costiere sottoposte ad eccessiva pressione turistica e diportistica.  Si è calcolato che per ripristinare le condizioni di rigoglio della pianta in un’area da cui essa è scomparsa ci vorrebbero 3000 anni. 

Lungo tutta la costa tirrenica sono presenti praterie e procedendo verso sud, in un immaginario percorso marino, le acque maltesi e tunisine ospitano praterie nelle quali i valori di densità della pianta sono superiori rispetto a tutti gli altri siti del Mediterraneo. In Tunisia, posidonia forma praterie con morfologia peculiare e quasi esclusiva (le praterie ad atollo e l’herbier tigrée delle isole Kerkennah) e cresce, come in poche altre località, su roccia (banco di Sherki).

Nel recente congresso (giugno 2006) tenutosi a Malta proprio su posidonia, è emerso però che se la pianta è ancora abbondante e rigogliosa in diverse aree mediterranee, evidenti sono i segnali di sofferenza, regressione e contrazione delle aree occupate dalla pianta, in particolare proprio lungo l’immaginario percorso su detto. Ecco allora che Italia, Malta e Tunisia vengono ad essere unite anche dal legame rappresentato da posidonia, ovvero dall'obiettivo comune di salvaguardia e frenare la sua regressione, mettendo le basi per la sua ripresa attraverso la ricolonizzazione di aree precedentemente occupate da questa specie simbolo di vita.

 

Prof.sa Daniela Pessani

Laboratorio di Biologia marina - Dipartimento di Biologia animale e dell’uomo - Università di Torino