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Corrado Piccinetti - Risultanze dei lavori -small

Nell’ambito della XXVª Rassegna del Mare che si è svolta a Rimini, dal 26 al 28 settembre 2014, il gruppo di lavoro sulla Gestione coordinata delle risorse marine in Adriatico ha approfondito e discusso i principali aspetti della tematica.

Le conoscenze sulla biologia e distribuzione delle risorse ittiche, oggetto di pesca in Adriatico, mostrano chiaramente che la quasi totalità delle specie ittiche pescate costituisce un patrimonio biologico comune, che viene utilizzato con varie modalità di cattura dai pescatori dei diversi Paesi che si affacciano sull’Adriatico.

Solo per citare alcune specie, le triglie, le seppie, i calamari, i pagelli, le gallinelle, presentano le concentrazioni di giovani lungo le coste italiane e crescendo gli esemplari si spostano verso la Croazia.

Le sogliole si riproducono prevalentemente al largo delle coste istriane, le uova e larve sono trasportate passivamente verso le aree costiere italiane ove si accrescono prima di tornare a riprodursi.

I naselli, le rane pescatrici, i totani, i moscardini, gli scampi hanno un’ampia area di distribuzione senza interruzione di continuità tra le acque croate, internazionali ed italiane.

La consistenza di ognuna di queste specie ittiche è legata alle numerose e complesse problematiche ambientali ed alle relazioni intraspecifiche, mentre il prelievo da parte delle attività di pesca dipende da aspetti socio economici e dalle diverse tradizioni di pesca degli abitanti le coste del bacino adriatico.

E’ convinzione comune che la gestione delle risorse ittiche debba essere coordinata tra i vari utenti in modo che il prelievo effettuato da un gruppo di pescatori non impedisca l’attività ad altri gruppi. Se ad esempio i pescatori croati catturassero molti riproduttori di sogliole, si avrebbe una riduzione dei nuovi nati pescati dopo pochi mesi in Italia; così se i pescatori italiani catturassero una grossa aliquota di giovani vi sarebbero pochi riproduttori. In entrambi i casi una gestione non coordinata potrebbe portare a conseguenze negative per tutti.

La stessa cosa si verifica per le triglie e un vantaggio sensibile del fermo di pesca applicato dai pescatori italiani si ha per i pescatori croati che nelle loro acque trovano già da novembre una maggiore abbondanza delle triglie non pescate in Italia.

Il coordinamento può essere agevolato dall'appartenenza di Italia, Slovenia e Croazia all'Unione Europea, ove sono in vigore regole di pesca e di gestione territoriale simili.

Il percorso per sensibilizzare i vari soggetti interessati delle due sponde ha avuto inizio da diversi anni con un progressivo scambio di esperienze e conoscenze, avviato in ambito internazionale, quali i progetti Adriamed (FAO) ed i progetti di collaborazione tra le Regioni dell’Adriatico (Adriblu, Adrifish ecc.).

Recentemente è in corso di realizzazione il progetto Ecosea, con la partecipazione delle Regioni costiere dell’Adriatico coordinate dalla Regione Veneto e assistite dalla ricerca scientifica.

Questo progetto opera su diverse linee di azione, collegando da un lato delle iniziative regionali indirizzate alla tutela di alcune specie ittiche ed a incrementare le possibilità di sviluppo e accrescimento di alcune specie di interesse comune. Una linea di attività, svolta in stretto collegamento con le organizzazioni di categoria, tende a creare le basi per una gestione coordinata di alcune risorse ittiche di primario interesse per la pesca quali i piccoli pelagici. In particolare la Contea di Zara, in collegamento con la cooperativa di pescatori di Kali, sta lavorando per mettere le basi di una struttura organizzativa sul modello delle Organizzazioni di Produttori (O.P.) previste in ambito europeo.

Le iniziative di ripopolamento in corso, sponsorizzate dalle Regioni, riguardano la protezione della riproduzione delle seppie, la creazione di aree di riproduzione per capesante, la formazione di banchi di riproduttori di ostriche con la captazione del novellame per formare nuovi banchi. Le modalità ed i risultati di attività precedenti sono state condivise tra tutti i partners.

Nel caso della seppia, che risente di una forte pressione di pesca in tutte le fasi del suo breve ciclo biologico, le iniziative in corso tendono a posizionare in aree protette un numero elevato di strutture idonee alla deposizione delle uova, utilizzando barriere artificiali, tegnue e impianti di mitilicoltura.

I progetti in corso facilitano le conoscenze reciproche e rafforzano l’idea di pervenire ad un coordinamento della gestione delle risorse ittiche.

Le attività di pesca presentano un diverso impatto ecologico in relazione alle tecniche di pesca utilizzate ed agli ambienti ove vengono utilizzati i diversi attrezzi. La gestione coordinata, che guarda al futuro, deve considerare attentamente anche la compatibilità ecologica in relazione alla maggiore sensibilità verso la tutela dell’ambiente e degli organismi. Ciò permetterà che in futuro la pesca possa essere sostenibile e non soggetta a frequenti cambi di normativa. Non avrebbe un futuro il coordinamento di attività di pesca con effetti ambientali negativi o con la cattura significativa di specie oggetto di normative di tutela.

Una panoramica delle conoscenze sull'impatto delle singole tecniche è stata presentata al gruppo con la conclusione che le tecniche con minor impatto ecologico sono quelle comprese nelle forme di piccola pesca, che è certamente l’attività di pesca che coinvolge il maggior numero di pescatori in tutti i Paesi adriatici.

Anche le altre forme di pesca quali reti a circuizione, traino pelagico e strascico possono essere sostenibili  nel lungo periodo, in particolare se l’attività delle attrezzature trainate non va a interagire con gli attrezzi fissi e ciò può ottenersi con una migliore regolamentazione delle rispettive aree di pesca.

Per poter dialogare tra le varie categorie di pescatori, che hanno a volte interessi concorrenti, occorre individuare delle modalità associative che permettono di ottenere la partecipazione dei singoli pescatori e al tempo stesso il raggiungimento di accordi per gruppi sempre più ampi di pescatori.

Tra le varie forme organizzative, le O.P. costituite sulla base di norme europee appaiono come lo strumento giuridico migliore per contemperare le esigenze dei singoli operatori con la necessità di pervenire ad un coordinamento delle attività di prelievo e di commercializzazione.

Un’analisi dettagliata del funzionamento delle O.P., in particolare nel settore della pesca del piccolo pesce pelagico ha mostrato come all’interno di una stessa O.P. i singoli soci ottengano uno sviluppo integrato e dei benefici collegati al coordinamento della produzione in funzione della richiesta di mercato e delle esigenze di tutela di alcune specie ittiche piuttosto che altre, ad esempio orientando la pesca a volte sull’alice ed a volte sulla sardina si riescono a rispettare i limiti biologici e le esigenze economiche.

La gestione avviene in tempo reale, con l’osservanza delle normative esistenti e gli accordi interprofessionali raggiunti tra organizzazioni di produttori.

Le esperienze esistenti in Italia e gli accordi tra le diverse organizzazioni di produttori sembrano indicare che una gestione coordinata delle risorse possa ottenersi attraverso lo strumento di accordi tra tutte le O.P. in ambito adriatico. Ciò richiede che, come previsto nel progetto Ecosea, si avvii la costituzione di O.P. anche negli altri Paesi adriatici.

Le diverse O.P. con un dialogo tra loro, e per tipologia di pescato, potranno sviluppare la base di un coordinamento gestionale che poi i diversi attori potranno recepire e sostenere.

Il coinvolgimento ampio su linee coordinate deve considerare anche l’esistenza ed il rispetto di numerosi e complessi strumenti giuridici internazionali di programmazione e gestione ambientale che già esistono, si pensi alla Marine Strategy, per il raggiungimento di una gestione integrata, coordinata e sostenibile.

 

Prof. Corrado Piccinetti

Università di Bologna

Comitato Scientifico Mareamico