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Cecilia Santoro Lezzi - Compatibilità fra sviluppo turistico e aree protette nel Salento

Nella Penisola salentina il complesso meccanismo denominato "fabbisogno di natura" ha portato nel corso degli ultimi 25 anni all'istituzione di alcune aree costiere e marine protette: la Riserva Naturale delle Cesine, il Parco Regionale di Porto Selvaggio e il Parco Marino di Porto Cesareo. Altre località, come Lido Pizzo, a sud di Gallipoli, sono appena state sottoposte a vincolo, ma risentono ancora di problemi di natura politica e di interessi economici.

Queste aree costituiscono un indubbio polo d'attrazione, che si traduce in una notevole richiesta di utilizzo a fini didattici, ricreativi e turistici.

Nel corso degli ultimi anni il Salento e le sue aree protette sono stati considerati veri e propri capisaldi per il rilancio di un'economia imperneata sull'industria turistica: cultura e natura rappresentano il binomio vincente, la ricetta segreta quasi, per il definitivo decollo economico di una terra a lungo considerata fuori dalle rotte convenzionali del turismo e spesso dimenticata anche dai suoi stessi abitanti.

Come per ogni territorio in forte sviluppo, però, anche per il Salento oggi si pongono dei seri interrogativi, quali la effettiva compatibilità fra sviluppo turistico e contesto socio-economico, territorio ed aree protette. In definitiva, analizzando i parametri utilizzati per una crescita economica dell'area leccese, ci si chiede se la promozione del territorio e della natura debba necessariamente passare attraverso la creaione di opere ed infrastrutture fuor di dubbio invasive, come porti turistici, interi villaggi vacanze, o modelli turistici assolutamente fuori sintonia con la vocazione territoriale e culturale (grandi discoteche all'aperto, insostenibili piani del traffico per le marine, ccc.).

Non si vuole di certo negare lo sviluppo territoriale, piuttosto si intende riflettere sulla reale bontà delle attuali direttive politico-economiche e quindi sull'utilizzo delle risorse paesaggistiche e naturali del Salento, in primis quelle protette, per lo sviluppo del turismo.

In altre parole ci si chiede come un progetto di un nuovo porto turistico nel cuore di Porto Selvaggio possa comportare benefici sia per sopperire alla richiesta di posti di lavoro, sia per tutelare contemporaneamente l'ambiente; come un enorme villaggio vacanze sia assolutamente indispensabile a Lido Pizzo (Gallipoli), appena sottoposto a vincolo ambientale, oppure come nuove infrastrutture turistiche (residences, alberghi~ ecc.) siano prioritarie alla realizza?ione di un'efficiente rete fognante a Porto Cesareo, sito nel cuore dell'omonimo parco marino.

Le critiche che si muovono in tale direzione, che vogliono essere soltanto costruttive, sono improntate sull'idea che poco o nulla si stia facendo per il miglioramento di quanto già esiste (ricostituzione e recupero delle coste, dei fondali e degli stocks ittici, lotta all'abusivismo edilizio, alla cementificazione selvaggia, alla raccolta del dattero di mare, realizzazione di reti fognanti nei comuni rivieraschi e nelle marine), a tutto vantaggio di nuove opere, spesso pensate senza un valido studio di impatto sul tessuto sociale e  sul territorio.

 

Cecilia Santoro Lezzi

Università di Lecce