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Carlo Pretti - Verso una nautica sostenibile: evoluzione ed impatto ambientale delle vernici antivegetative

L’IMO (International Marine Organization) definisce “antivegetative” o “antifouling” quelle vernici che vengono utilizzate sulle carene delle imbarcazioni per prevenire l’insediamento degli organismi incrostanti quali alghe, molluschi, crostacei ed altri, la cui presenza tende a rallentare la velocità del natante ed aumentare il consumo di carburante.

Questi prodotti devono essere in grado di rispondere a diversi requisiti: efficacia, durata nel tempo, costo e, non ultimo, un basso impatto ambientale. La tecnica più diffusa nella preparazione di queste vernici, è infatti quella di formulare dei film in grado di dissolvere in acqua composti chimici biologicamente attivi. La loro tossicità è in grado d’inibire le incrostazioni sulle strutture immerse con efficacia repellente o letale sugli organismi insedianti (target) ed anche non-target.

Il problema ambientale legato al rilascio di sostanze biocide presenti in queste vernici è naturalmente maggiormente percepito in ristrette aree marine costiere quali golfi, porti turistici e mercantili caratterizzati da un forte traffico marittimo.

La valutazione dell’impatto ambientale delle vernici antifouling ha subito una rapida accelerazione dopo il bando dei tradizionali prodotti contenenti organostannici, es. tributil stagno (TBT): l’avvento delle vernici SPC (self polishing copolymer) ha sicuramente sottolineato in maniera definitiva l’esistenza di un vera e propria emergenza ambientale legata ai trattamenti antifouling. In questi prodotti il legante della matrice è costituito da due polimeri uniti da un metallo quale lo stagno. Tale copolimero, inizialmente insolubile, in ambiente alcalino come quello marino, per l’idrolisi subisce la rottura del legame tra i due polimeri ed i prodotti derivanti diventano solubili; dal film di pittura, si dissolvono quindi prodotti biologicamente attivi quali i composti organici dello stagno ed altri biocidi presenti nelle formulazioni, tutti con elevata efficacia antivegetativa e con una durata nel tempo derivante dallo spessore del film applicato. Gli organostannici, quali ad esempio il TBTO (ossido di stagno tributile) hanno una elevata ecotossicità, causando fenomeni di tossicità acuta e cronica, anomalie ormonali, ed in virtù della loro spiccata persistenza sono capaci di accumularsi nei sedimenti e nella catena alimentare dell’ecosistema marino.

Il continuo succedersi di lavori scientifici testimonianti gli effetti tossici sugli organismi marini, i danni provocati alle produzioni delle maricolture ed imputabili alla dispersione di prodotti antifouling, hanno stimolato una serie d’interventi dell’IMO con restrizioni all’uso di prodotti organostannici e successivamente il loro bando totale, a partire dal 2003, prevedendo inoltre la totale rimozione dalle carene di questo tipo di pittura a partire dal 2008.

Attualmente sono disponibili  sul mercato i seguenti sistemi antifouling: Vernici antivegetative a base di rame: esse si raggruppano in diverse categorie e quelle più usate sono definite nei termini di: autoerodenti, ablative, CDP (rilascio controllato di polimeri) e le cosiddette self polishing. Generalmente l’efficacia di questi prodotti comporta il rilascio in acqua di determinati livelli di ioni rame che possono essere più o meno elevati a seconda del tipo di matrice che viene impiegata, si possono avere resine formulate per indurre o forzare determinate reazioni chimiche (es. saponificazione, idrolisi), altre invece idonee per processi più naturali favoriti dall’ambiente leggermente alcalino del mare. Il rame è un metallo traccia essenziale nei sistemi biologici che può diventare estremamente tossico qualora i sistemi di mantenimento degli equilibri interni non riescano a far fronte all'aumento della sua concentrazione.

Le concentrazioni di rame nell'ambiente sono in continuo aumento a causa di scarichi industriali, agricoli e urbani; è stato riportato, ad esempio, che le emissioni complessive di rame nelle acque siano triplicate dal 1950 al 1980, rendendo questo metallo una possibile fonte di rischio per gli animali acquatici. Il principale effetto tossico del rame, variabile nelle diverse specie, è riconducibile alla produzione negli organismi di specie reattive dell’ossigeno (stress ossidativo) che possono provocare danni al DNA. La sensibilità al rame dei diversi indicatori biologici è differente: alghe unicellulari, batteri > crostacei, anellidi > pesci > bivalvi > macrofite.

La necessità di limitare la presenza di rame in mare è dunque giustificata e per ridurre il suo rilascio, sono stati introdotti nelle formulazioni i biocidi di rinforzo, o addizionali, o cobiocidi. Essi agiscono in sinergia con il rame aumentando la performance antivegetativa, ne allungano i tempi di efficacia e permettono di limitare le emissioni di Cu. Alcuni dei prodotti più comunemente usati sono diserbanti e fungicidi comunemente impiegati in agricoltura: il diuron, le triazine, gli isothiazoloni, lo zinco piritione, ed altri. L’uso e la diffusione di questi agenti, pur essendo approvati da agenzie quali l’agenzia statunitense EPA (Environment Protection Agency), tuttavia suscita non poche perplessità: alcuni infatti si sono rivelati molto persistenti e di forte impatto ambientale.

Vernici antivegetative a base di silicone: tali vernici rappresentano un’alternativa alle vernici a base di biocidi, perché agiscono impedendo o riducendo di molto l’adesione del “fouling” marino allo scafo, anche in funzione della velocità degli scafi (velocità >15 nodi) della possibilità di frequenti rimozioni manuali. Le vernici contenenti silicone sono da tempo utilizzate sulle parti immerse di alcune navi militari e sui sommergibili. Tuttavia sembra che mentre la rimozione del fouling rigido, come i “denti di cane” (Balanus amphitrite), sia facile, il fouling viscido, come diatomee e spirografi, non sia altrettanto efficace neppure navigando a velocità elevate. Infine poiché i costi di tali vernici sono rilevanti esse hanno finora trovato un impiego limitato alle navi militari e alle imbarcazioni molto veloci. Non contenendo biocidi dovrebbero avere un impatto sull’ambiente acquatico molto limitato, tuttavia sembra che in queste vernici siano miscelati tensioattivi non ionici (per abbassare la tensione superficiale dell’acqua) appartenenti alla classe degli alchilfenoli la cui dispersione nell’ambiente dovrebbe secondo la UE essere ridotta nel corso dei prossimi anni, a causa degli effetti sul sistema endocrino degli animali.

Vernici antivegetative a base di biocidi d’origine naturale: allo scopo di limitare l’ecotossicità dei biocidi sono stati isolati diversi tipi di biocidi naturali che possono sostanzialmente essere distinti in due categorie: una categoria che comprende le sostanze che molti organismi marini (alghe, spugne o delfini) utilizzano per difendersi dal fouling, mentre l’altra categoria di “biocidi naturali” è costituita da sostanze estratte da organismi vegetali o animali i quali però non le impiegano come “antifouling”.

La loro appetibilità commerciale dovrebbe essere quella di un minor impatto ambientale in quanto, teoricamente, maggiormente biodegradabili, anche se la letteratura scientifica a disposizione è ancora molto carente. Tuttavia le sperimentazioni pratiche, nel reale campo d’impiego, non hanno dato esiti incoraggianti: probabilmente i biocidi sono troppo degradabili e durante le varie manipolazioni perdono di efficacia.

 

Prof. Carlo Pretti

Dipartimento di Patologia Animale, Profilassi ed Igiene degli alimenti

Laboratorio di Zoologia

Viale delle Piagge, 2 – 56124 PISA (Italy)

Tel. +390502216947 – Fax +390502216941 – email: cpretti@vet.unipi.it