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Carlo Pretti - Anna Maria Cognetti Varriale - Acquacoltura, patologie e ambiente: riflessioni e considerazioni.

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L’acquacoltura può essere considerata una attività economica compatibile con la gestione della fascia costiera, a condizione che vengano messi in atto tutti gli accorgimenti volti al contenimento dell’impatto ambientale che questa pratica di tipo zootecnico può esercitare. Uno dei problemi più importanti che si presenta nella conduzione tecnica di una azienda ittica è rappresentato dall’incidenza delle patologie sui soggetti allevati. Gli allevatori sono costretti quindi ad impiegare sostanze chimiche (antibiotici ed antiparassitari) il cui destino finale è l’ambiente acquatico.

La presenza di una patologia quindi, oltre ad apportare un danno economico all’allevatore, potrebbe costituire una fonte di inquinamento chimico attraverso l’applicazione dei mezzi utilizzati per contrastarla.

Pertanto è di notevole importanza che l’allevatore metta in atto, nei limiti del possibile, tutti gli accorgimenti tecnico-gestionali di prevenzione al fine di incrementare il rendimento economico dell’azienda in termini di maggiore percentuale di sopravvivenza dei soggetti allevati, di risparmiare sul costo dei farmaci in caso di eventi patologici e, non ultimo, di limitare l’impatto dei reflui sull’ambiente acquatico. Tra le patologie un posto rilevante è occupato dalle ectoparassitosi che nelle specie eurialine maggiormente allevate, come la spigola e l'orata, sono sostenute da monogenei quali Diplectanum aequans, Microcotyle chrisophrii, Furnestinia echeneis.

Tali parassiti sono responsabili sopratutto di patologie branchiali croniche che determinano una diminuzione degli scambi respiratori, uno stato di stress generale e possibilità di sviluppo di patologie secondarie ad eziologia batterica; solo nei casi di infestione massiva sono causa di morte degli ospiti. Nei soggetti colpiti si riscontrano cali nell'assunzione degli alimenti con conseguenti sprechi, abbassamento dell'indice di conversione e quindi perdite produttive.

Non è certamente possibile mantenere indenne da parassiti un allevamento, ma è possibile diminuirne gli effetti conoscendo le modalità di infestione ed il ciclo biologico dei parassiti stessi e non ultimo, controllando costantemente i fattori abiotici (qualità delle acque di allevamento: temperatura, salinità, ossigeno disciolto, nitriti, nitrati etc.). E’ stato riscontrato infatti, attraverso ricerche ancora in corso, che il mantenimento di elevati livelli di ossigeno disciolto provoca una sensibile diminuzione dell’intensità di infestione in spigole ed orate parassitate rispettivamente da Diplectanum aequans e Microcotyle chrisophrii (figure 1 e 2).

La corretta gestione sanitaria degli impianti quindi ed il costante controllo delle acque di immissione può diminuire ma non eliminare completamente l’insorgenza di patologie da ectoparassiti nei soggetti allevati. L’allevatore si trova ad affrontare una problematica complessa ed articolata che lo costringe a ricorrere al trattamento farmacologico, che deve essere efficace contro i parassiti, ben tollerato dai pesci allevati e, possibilmente, avere un basso impatto ambientale.

Dalla letteratura emerge che numerose sono le sostanze che si sono dimostrate efficaci contro questi ectoparassiti: ricordiamo diversi esteri fosforici, la formalina ed altre. Il trattamento per bagno medicato è praticamente la sola via percorribile, anche se crea problemi di impatto ambientale dovuti al rilascio di prodotti chimici nell'ambiente.

In Italia, fino ad oggi, non esiste alcuna sostanza registrata per il trattamento di ectoparassitosi dei pesci.

Nell’Unione Europea i farmaci destinati agli animali zootecnici, e quindi anche alle specie ittiche, non possono essere autorizzati per l’immissione in commercio in assenza di definizione di un livello residuale massimo, detto MRL (Maximum Residual Level). Tuttavia ogni ordinamento interno stabilisce poi procedure diverse per la registrazione di farmaci, cosicché non è raro che un prodotto autorizzato in un Paese sia vietato in un altro.

Presso il nostro laboratorio stiamo valutando l’efficacia e gli effetti di una delle pochissime sostanze (con MRL registrato) che potrebbero essere registrate anche in Italia per il trattamento delle ectoparassitosi. La sostanza è l’azamethiphos o azinphos metyl, che appartiene alla classe degli esteri fosforici e viene largamente utilizzata come pesticida agricolo. Nei pesci è stata registrata in Inghilterra per il trattamento della sea-lice, dannosa ectoparassitosi dei salmonidi sostenuta da un crostaceo (Lepeophtherius salmonis). E’ importante ricordare che l’efficacia di questo tipo di sostanze si basa sull’inibizione dell’attività colinesterasica, meccanismo biochimico che sta alla base della trasmissione dell’impulso nervoso sia negli invertebrati che nei vertebrati. Un trattamento con un estere fosforico ha quindi implicazioni che vanno al di là della semplice risoluzione della malattia, coinvolgendo lo stato fisiologico dei pesci allevati e di altri organismi animali che vivono al di fuori dell’allevamento. La tabella 1 illustra alcuni degli effetti degli esteri fosforici su diversi organismi acquatici.

Tabella 1: Effetto degli esteri fosforici su alcuni organismi acquatici

Prove preliminari da noi condotte indicano che trote trattate con azamethiphos presentano, dopo un bagno di un’ora a dosaggio terapeutico, una notevole inibizione dell’attività colinesterasica (figura 3) senza apparenti segni clinici di tossicità anche dopo 21 giorni dal trattamento.

Tuttavia, se il bagno medicato allo stesso dosaggio si protrae per 4 ore si ha un elevato tasso di mortalità dopo una settimana dal trattamento. Questo indica che la sostanza in questione deve essere manipolata con cura seguendo i tempi ed i dosaggi messi a punto in laboratorio per ogni specie ittica a diverse condizioni ambientali. La valutazione dell’eventuale utilizzo di questa sostanza in acquacoltura potrà dirsi completa a seguito della verifica degli effetti su altri organismi acquatici, in particolare molluschi e crostacei, molto sensibili agli esteri fosforici.

 

Carlo Pretti, Anna Maria Cognetti-Varriale

Dipartimento di Patologia Animale, Profilassi ed Igiene degli Alimenti - Università di Pisa