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- 17 Febbraio 2020 Data di creazione
- 17 Febbraio 2020 Ultimo aggiornamento
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- Delle teorie geografiche sui porti
L'esame della situazione riguardante il nostro sistema marittimo portuale non può prescindere da un accenno ai modelli interpretativi elaborati nel tempo dalla dottrina più avveduta.
Come noto, nell'ambito della geografia dei trasporti marittimi, quale ramo autonomo della geografia economica, grazie soprattutto all'approfondimento dei singoli temi, è stata analizzata l'evoluzione del settore fino a trarne delle conclusioni che sono poi servite alla maturazione di successive e più avanzate teorie.
Si è così passati da una tradizione di studio di tipo statistico - geografico, con sintesi descrittive dei porti e dei relativi flussi commerciali, ad una visione di indirizzo umanistico- classico, dovuto alla scuola di Vidal de la Blache, dove con spunti funzionalisti e strutturalisti hanno trovato collocazione - in un rapporto di interdipendenza- oltre agli elementi di ordine fisico anche altri elementi quali gli "stili di vita" delle popolazioni. Tutto ciò fino agli anni '60 allorquando André Vigarié ha aperto la strada ad un nuovo schema dei trasporti marittimi attraverso il concetto di spazio organizzato in funzione del movimento delle merci, l'individuazione e la localizzazione dei centri economici di attivazione degli scambi commerciali e del concetto di "trittico portuale" (retroterra- porto- avanmare).
L'organizzazione dello spazio rimane in effetti definita dalla localizzazione delle sue componenti cioè le infrastrutture e le sovrastrutture, che consentono il movimento dei flussi merceologici e dai centri economici che attivano le relazioni commerciali determinandone la natura, il volume e la direzione mediante la scelta del porto.
Nascono da tale visione, quasi in modo consequenziale, gli ultimi concetti di "dipendenza continentale" e "dipendenza oceanica" dei porti, a seconda dell'allocazione dei fattori economici, se cioè risultano situati nel retroterra o sull'avanmare. Nel primo caso si hanno porti con funzioni prevalenti di transito e/o industriali, nell'altro caso si hanno porti con funzioni commerciali, vale a dire con attività di mercato, di deposito, di intermediazione e di borsa.
Dove la funzione industriale è stata elevata si sono formate le c.d. MIDAs (o ZIP), con agglomerati industriali giganteschi, mentre i porti con particolare e spiccata funzione commerciale hanno dato luogo a rilevanti attività del terziario anche avanzato.
Il Vallega, e siamo ai giorni nostri, ricollegandosi alla scuola italiana (Toschi, Barbieri, Candida), che già negli anni '50 aveva individuato le relazioni tra le funzioni portuali e la regionalizzazione del territorio ne ha superato il contenuto metodologico (soltanto l'analisi delle interdipendenze) ponendo i processi evolutivi sul territorio al centro della ricerca fino a giungere ad una dimensione culturale di tipo sistemico.
Tali principi, integrati con quelli di orizzonte terrestre e orizzonte marittimo, hanno consentito di interpretare i processi che influenzano simultaneamente i porti, gli spazi marittimi e gli spazi terrestri. Alla base dell'analisi, in particolare, sono posti dal Vallega sia lo studio degli stadi di sviluppo ,sia il concetto di divisione internazionale del lavoro.
Visto in questo modo il porto può configurarsi come elemento di un'area (regione) che partecipa alle interdipendenze tra gli altri elementi quale fattore di un sistema mosso dai medesimi processi evolutivi. In ogni fase, pertanto, dell'evoluzione della divisione del lavoro e dello sviluppo il porto rimane individuato da un profilo funzionale in cui la dipendenza marittima e quella continentale prevalgono o assumono determinati rapporti influenzando così l'organizzazione degli spazi regionali.
E' in questo modo, secondo il Vallega, che si sono formate le unità territoriali che occupano simultaneamente aree terrestri e marittime, ovvero le regioni marittimo- litoranee.
- Aspetti normativi: Il passato
Da una situazione generale in continua evoluzione sul piano teorico e nella realtà fattuale, soprattutto dal momento dell'innesco della seconda rivoluzione industriale e fino alla sua maturazione (1850 - 1950), il settore marittimo -portuale del nostro paese avrebbe dovuto beneficiare di un adeguamento normativo costante in modo da farne effondere benefici economici profondi e di vasto raggio.
In effetti, per motivi storici, politici e sociali la materia è rimasta del tutto ingessata quasi fino ai nostri giorni, provocando squilibri economici e ambientali (esternalità negative), sottosviluppo tecnologico e infrastrutturale dei porti.
Infatti, la normativa di riferimento:
- R.D. n.309511885 e relativo Regolamento di attuazione, il n.713/1904;
- II C.N.del1942;
- le leggi istitutive degli Enti Autarchici portuali;
ha dato luogo soltanto a:
- riserve di lavoro;
- rigidità tariffarie;
- mancata pianificazione della portualità;
- mancato intervento dei privati con capitale di rischio all'interno dei porti, soprattutto per l'impossibilità di poter controllare il fattore "lavoro" nei processi produttivi inerenti la manipolazione delle merci (con poche eccezioni laddove sono state concesse le c.d. "autonomie funzionali");
- interventi finanziari dello Stato limitati e "a pioggia", senza cioè tener conto delle effettive esigenze territoriali delle singole realtà locali per lo sviluppo di un'economia sana, capace quindi di generare circuiti virtuosi in linea con le esigenze di mercato e non, invece circuiti viziati dalle permanenti passività dell'economia assistita, cosi come di fatto è avvenuto.
Certo in futuro si discuterà a lungo sulla opportunità o necessità di un modo di procedere come quello appena indicato: c'era, e questo è fuori di dubbio, l'esigenza di assicurare attraverso uno stato sociale forte, il riscatto della condizione operaia. Rimane però ancora da chiarire se Io stesso risultato poteva essere conseguito ugualmente con una politica marittimo - portuale più avveduta e rispettosa, fin dove possibile, delle leggi economiche.
- II momento di svolta: ll presente
Le nuove norme introdotte con la L.84/94, come modificata dalle leggi 347/96 e 30/98 hanno finalmente riformato la preesistente situazione.
In particolare, oltre alla creazione delle Autorità Portuali nei principali porti, sono stati introdotti nuovi criteri di classificazione degli scali, con le indicazioni delle relative funzioni, mentre sono state attribuite competenze piene alle Regioni in tema di: approvazione dei P.R.P., con la valutazione di impatto ambientale, funzioni amministrative relative ai porti mercantili (Cat. lI) di interesse nazionale (CI. lI), regionale e interregionale (CI. III); concorso con i Comuni e con lo Stato, nei porti di CI. I (Internazionali) e CI. Il, per la realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione; realizzazione delle stesse opere nei porti regionali e interregionali. Inoltre, sono stati recepiti principi di privatizzazione nella gestione delle aree portuali e nell’impiego della manodopera per lo svolgimento delle operazioni portuali.
La legge 84/94 non ha disciplinato i porti con funzioni turistico - ricreative (di ciò, ove possibile, in relazione allo spazio che mi è concesso dirò più avanti), ma ha invece previsto gli interventi delle Regioni per i porti pescherecci compresi negli scali maggiori e con altre funzioni, ovvero individuati come realtà singole quali porti di CI. III della lI Categoria.
Deve comunque precisarsi che per tutti i P.R.P. devono sempre essere sentiti il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e i Comuni interessati, in quanto non possono non essere tenuti in debito conto tutte le altre pianificazioni territoriali esistenti, comprese le direttive del Piano Generale dei Trasporti, oggi in corso di aggiornamento.
Come è agevole notare dalla disamina ancorché per grandi linee appena effettuata, al momento l'ordinamento portuale del nostro paese ha superato le posizioni anchilosate del passato e può ritenersi rispondente alle esigenze delle più avanzate teorie della geografia dei trasporti marittimi. All'interno dell'ordinamento si rinvengono, infatti, gli elementi che tengono conto delle esigenze delle autonomie locali, del territorio, dei traffici, delle regole del mercato,del trittico costituito dal retroterra, dal porto e dall'avanmare, il tutto considerato in termini sistemici, come direbbe il Vallega, cioè come un insieme di equazioni complesse dove i fattori da monitorare costantemente sono due: gli stadi di sviluppo delle aree di riferimento e la divisione internazionale del lavoro in una visione geoeconomica del problema. Al variare, infatti, dei dati relativi a tali ultimi fattori può variare la prospettiva di sviluppo di un determinato porto o sistema portuale.
Un esempio preciso al riguardo ci viene dal porto di Gioia Tauro oggi tecnologicamente avanzato, che attraverso il nuovo quadro normativo ha potuto cogliere le opportunità derivanti da un retroterra insolito: non la regione depressa economicamente come la Calabria in cui il porto é inserito, ma Estremo Oriente da cui riceve le merci containerizzate che poi vengono distribuite attraverso il trasferimento in tutto il Mediterraneo, inteso quale avanmare diretto di Gioia Tauro.
Non è chi non veda la straordinaria nuova ricollocazione di quel porto nell'ambito dei trasporti marittimi: non più un elemento puntiforme dell'armatura portuale italiana, senza traffico e senza attrezzatura, sostanzialmente una cattedrale nel deserto, bensì un porto, inserito in una vasta rete di porti oceanici e mediterranei, anzi il primo porto per containers del Mediterraneo. Il "miracolo" è stato reso possibile certamente dai progressi di globalizzazione in atto teorizzati dalla dottrina, ma anche dalla nuova legge di riforma dell'ordinamento portuale di cui abbiamo parlato in precedenza.
- I problemi aperti: il futuro.
Naturalmente con la legge di riforma n. 84/94 non tutte le questioni sono state superate. Permangono zone d'ombra che è difficile porre in luce. Ad esempio si stanno determinando delle aree di incertezza sulle attribuzioni dell'A.M. e della A.P. in tema di sicurezza portuale; gli stessi servizi tecno-nautici, quali il pilotaggio, l'ormeggio e il rimorchio appaiono confinati in un recinto in attesa che nuove disposizioni facciano chiarezza, nel senso di riuscire a stabilire definitivamente quale debba essere l'Autorità (Marittima o Portuale) cui compete l'onere relativo all'esercizio delle attività di vigilanza e controllo sui servizi stessi.
Molti porti, inoltre, non hanno ancora individuato quale debba essere la loro effettiva vocazione funzionale, proponendosi quasi sempre in termini generali, come porti- tuttofare, con dispendio di risorse finanziarie preziose.
Infine, non è stato ancora riequilibrato tutto il sistema dei trasporti, in quanto permangono gli squilibri a favore del trasporto su gomma a scapito di quello su ferrovia e di quello marittimo anche perché non sono stati ancora emanati provvedimenti idonei a privilegiare la navigazione di cabotaggio, mentre nel nord Italia devono ancora essere realizzate le opere in grado di far riversare una consistente fetta di traffico pesante stradale sulle idrovie padano-veneto.
A tutto ciò, come si è prima accennato, si dovrà provvedere mediante l'elaborazione del Nuovo Piano Generale dei Trasporti che dovrà costituire il reale quadro di riferimento per tutte le regioni che vorranno disegnare il loro futuro sviluppo nell'ambito della Rete Transeuropea Trasporti, già individuata dalI'U.E..
lì settore della pesca, com'è ovvio, si colloca a margine del discorso sulla portualità in generale che abbiamo appena concluso. Alcune considerazioni finali in proposito ci sembrano comunque necessarie.
Intanto devono sempre essere assicurati posti d'ormeggio convenientemente attrezzati a tutta la flotta peschereccia dell’Italia, compresa la possibilità di mobilità di parte della flotta stessa da un porto di normale stazionamento ad un altro, senza dover subire forme di discriminazione dai pescatori del tutto stanziali.
Devono poi essere ridotti al minimo i porti con traffico promiscuo, da pesca e commerciale, in quanto da tale ibridismo si generano quasi sempre situazioni intollerabili di pericolo per la navigazione e la manovra delle unità all'interno degli scali.
Infine va sicuramente incoraggiato ogni intervento a favore dell'ambiente, atteso che dai pescherecci nei porti possano derivare forme di inquinamento solido e liquido a danno del mare.
Arbitri di tutta la portualità per la pesca sono, come abbiamo visto, le Regioni; dobbiamo soltanto augurarci che, attraverso un'illuminata politica settoriale, tali Enti possano veramente favorire l'economia marittima e il bene mare.
- La vigilanza e il controllo delle Capitanerie di Porto- Guardia Costiera nel settore della pesca
Le Capitanerie di Porto-Guardia Costiera, oltre a svolgere un ruolo centrale nella disciplina delle attività marittimo-portuali, esercitano funzioni peculiari di carattere amministrativo e tecnico-operativo a favore della pesca marittima. In questa sede ci sembra doveroso segnalare il notevole sforzo che viene quotidianamente profuso dal personale del Corpo per assicurare il regolare svolgimento della pesca marittima.
Intanto, attraverso gli atti amministrativi posti in essere dalle Capitanerie, viene fornito un insostituibile contributo all'applicazione delle norme che regolano la materia, soprattutto in tema di autorizzazioni, regolamentazione delle zone di pesca in acque territoriali, mediante l'emanazione di ordinanze, visite per la sicurezza della navigazione, applicazione dei pianti triennali di pesca.
Per quanto concerne poi l'attività di polizia in senso stretto, solo nel 1998 sono stati effettuati:
- n. 5962 in missioni in mare, percorrendo 115.164 miglia e rilevando n 803 infrazioni con n. 9567 controlli in mare
- n. 9567 ispezioni a terra, percorrendo 316.248 km con la rilevazione di 667 infrazioni
- n. 2620 controlli agli attrezzi da pesca, di cui 501 sequestrati;
- 34,690 tonnellate di pesce e molluschi sequestrati per un valore complessivo di circa 31 milioni di lire;
- 148 unità da pesca sono state soccorse o assistite.
- La portualità turistica
Nonostante le caratteristiche fisiche delle nostre coste, e la grande attrazione esercitata dalle risorse turistiche presenti su di esse, il settore del turismo da diporto soltanto negli ultimi anni sembra dare consistenti segni di ripresa, pur dovendo ancora registrare una ancora bassa densità del numero delle infrastrutture portuali a disposizione della nautica (appena 10 posti barca per Km di costa).
Il problema, in effetti, oltre ad interessare il numero degli approdi, riguarda anche il loro livello in termini di servizi presenti e la loro distribuzione geografica.
A fronte della trascuratezza con la quale le politiche nazionali degli anni passati hanno affrontato globalmente iI settore della nautica da diporto e che hanno generato le carenze prima lamentate, a partire dalla fine dell'anno 1996 si è registrato nelle forze politiche e di governo un netto cambiamento di rotta finalizzato a determinare lo sviluppo delle potenzialità del turismo nautico in generale e della nautica in particolare
Tale cambiamento ha avuto il suo avvio con l'inserimento nella Finanziaria 1997 (predisposta alla fine dell'anno 1996), di specifici articoli che hanno introdotto criteri agevolativi per la realizzazione di nuove strutture per la nautica da diporto.
Tale inserimento, unitamente alla promulgazione della legge Bassanini (Legge 59/1997) che ha normato in merito allo snellimento delle procedure amministrative, ha consentito la predisposizione da parte del Ministero dei Trasporti e della. Navigazione di un D.P.R. (2 dicembre 1997 n.509) che, oltre finalmente aver dato delle definizioni normative per il porto turistico, per l'approdo per i punti d'ormeggio, mediante la valorizzazione dello strumento della Conferenza di Servizi, consente di velocizzare e regolamentare il procedimento amministrativo di approvazione dell' istanza di concessione demaniale marittima presentata, nonché tutti gli altri procedimenti che risultassero connessi o strumentali al rilascio di tale concessione (P.R.G. - P.P.T. - ecc.).
In tale fase iniziale, si è ben potuto notare come le varie Amministrazioni dello Stato avessero determinato di procedere di concerto sulla via della promozione del settore specifico della nautica, in quanto contestualmente all'introduzione del Decreto Presidenziale sopra indicato, sono state predisposte ed approvate altre specifiche normative indispensabili a promuovere adeguatamente il settore così come specificatamente indicato dalla Finanziaria 1997.
Ed infatti con il D.P.R. 12.4.1996, "Atto di indirizzo e coordinamento concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale" sono stati dati i criteri e le norme tecniche per l'applicazione della procedura di V.l.A. anche per le nuove realizzazioni di porti turistici.
Gli Assessorati Ambiente delle Regioni sono stati individuati come gli Enti preposti all'esame di dette valutazioni, mentre le Regioni sono state invitate a predisporre, entro nove mesi dalla pubblicazione in G.U., le norme regionali di recepimento della legge nazionale.
Nel mentre, l'introduzione del Decreto Interministeriale 14.4.1998 (firmato dal Ministro dei Trasporti, da quello dei Lavori Pubblici nonché da quello dell'Ambiente), ha stabilito i requisiti tecnici necessari per la redazione dei progetti preliminari e per i progetti definitivi da allegare alle istanze di concessione ed il Decreto Ministeriale 30 luglio 1998 n.343 (regolamentazione dei canoni demaniali da corrispondere per le concessioni finalizzate alla realizzazione di strutture per la nautica da diporto), ha ridotto i canoni precedenti introducendo ulteriori criteri agevolativi per tali fattispecie.
L'insieme di tutti questi provvedimenti ha di fatto consentito di raggiungere oggi non solo tempi più brevi per l'espletamento delle procedure amministrative (due anni teorici contro i 10 - 12 precedentemente necessari), ma anche e soprattutto ha dato un contributo alla chiarezza procedurale ed alla conseguente, necessaria programmazione degli investimenti pubblici e privati.
Nel concreto, l'istanza, una volta presentata, corredata dal prospetto preliminare, viene pubblicata al F.A.L. della Provincia, con l'indicazione dei termini per la presentazione delle domande in comparazione o in opposizione.
La conferenza di Servizi, indetta dal Sindaco del Comune interessato, vede la presenza di tutti gli Enti o Amministrazioni competenti a rilasciare parere sulla fattibilità dell'opera.
Contestualmente la Società predispone ed invia all'Assessorato Ambiente della Regione lo Studio di Valutazione di Impatto Ambientale predisposto.
In sede di tale Conferenza di Servizi, viene individuato il soggetto che realizzerà la struttura secondo le indicazioni e le prescrizioni indicate dagli enti partecipanti.
ll soggetto realizzatore, predispone di conseguenza il progetto definitivo necessario e, nel termine dei successivi 150 giorni, si svolge la Conferenza di Servizi approvativa.
In definitiva va osservato che l'esame svolto pur se sinteticamente indicato in questo documento, evidenzia i numerosi limiti ai quali si è cercato di porre opportuno rimedio.
E' da dire che, se anche il ceto interessato ha prontamente recepito favorevoli segnali, è ancora presto per verificare correttamente il peso che i provvedimenti adottati hanno avuto sul settore della nautica da diporto.
E' però da registrare che a partire dalla seconda metà dell'anno 1996, sono state autorizzate le realizzazioni di quattordici nuovi porti o ampliamenti di porti esistenti, e che, a seguito dell'entrata in vigore del D.P.R. 509/1997, sono in via di svolgimento 15 Conferenze di Servizi.
Per quanto attiene specificatamente la Regione Sicilia, essendo state trasferite globalmente all'Ente Regionale le competenze sul demanio marittimo, le norme indicate devono essere recepite da detto Ente che provvederà successivamente alla corretta applicazione sul territorio.
7 La situazione normativa in Sicilia sulla portualità turistica
La Regione Siciliana non ha provveduto ancora a disciplinare la materia relativa alla realizzazione dei Porti Turistici, né è stato recepito il regolamento recante la disciplina del procedimento di concessione dei beni del demanio marittimo per strutture dedicate alla nautica da diporto contenuta nel D.P.R. 2/12/1997, n.509.
Attualmente le predette concessioni sono regolate ai sensi dell'art. 75 della L.R. 11/0511993 n.15, e del D.P. Reg. Sic. 26/07/94 ai fini dell'applicazione del canone, che ha recepito le disposizioni contenute dal decreto dell'ex Min. Marina Mercantile 19/07/89 emanato in attuazione del D.L. 04/03/89 n.77, convertito con modificazioni in legge 5/5/1999 n.160.
Ai fini della competenza amministrativa, gli approdi turistici che non comportano opere di difficile rimozione, vengono assentiti con licenza quadriennale dal Capo del Compartimento: per impianti che implicano opere di difficile rimozione, per atto formale e mediante emanazione di relativo Decreto dal Direttore Marittimo per durata non superiore ai 15 anni e dall'Assessore del Territorio ed Ambiente per durata superiore ai 15 anni.
In ogni caso, ai fini del canone, gli approdi turistici vengono considerati alla stregua delle concessioni turistico - ricreative.
Gaetano Sodano
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